Paesi Bassi: La relazione per l’anno 2024 delle Commissioni Regionali di Controllo Euthanasia (l’RTE).

INTRODUZIONE (I dati indicati tra parentesi riguardano l’anno precedente – 2023

Secondo quanto stabilito nell’articolo 17 della legge del 2001 sul controllo dell’interruzione della vita su richiesta e del suicidio assistito (in seguito la Legge) il 24 marzo scorso è stata pubblicata la relazione delle Commissioni Regionali di Controllo AaM (in seguito RTE) per l’anno 2024 (1)

Contrariamente a quanto pubblicato sovente dei media, l’assistenza a morire era di fatto legalizzata in seguito ad alcune sentenze della Corte costituzionale e dei tribunali minori già dal 1985, poichè il medico avrebbe potuto applicare l’AaM e l’assistenza al suicidio senza incorrere a sanzioni penali, seguendo i rigidi requisiti di accuratezza indicati nelle sentenze. A quei tempi le segnalazioni, tramite il patologo comunale, erano inviate al Pubblico Ministero. Nel 1998 è stata costituita l’RTE che poi si è occupata del controllo.

Seguendo la raccomandazione della World Federation Right to Die Societies, in seguito, è utilizzata la terminologia “Assistenza a Morire” abbreviata AaM riguardo l’AaM e l’assistenza al suicidio.

 

Ulteriore aumento del numero di segnalazioni

Il numero di casi segnalati di AaM nel 2024 – 9.958 (9.068) è aumentato del 10% (4%) rispetto all’anno precedente. Significa anche un incremento in rapporto con i decessi 172.049 (2) (169.363), cioè 5,8% (nel 2023 più 5,4% e nel 2022 più 5,1%).

Questa tendenza all’incremento è visibile su un periodo più lungo, sia in termini assoluti che in relazione al tasso di mortalità. Quest’ultimo dato è più rappresentavo, basandosi solo sui dati assoluti potrebbe dare luogo a conclusioni errate. Partendo da 2001, l’anno primo dell’entrata in vigore della legge, i casi segnalati erano 3.800 saliti in 23 anni a 9.958, un incremento medio di 268 casi all’anno, mentre i decessi sono aumentati dal 140.377 nel 2001 al 172.049 nel 2024.

 

Un’attenta applicazione dell’AaM

Per 6 casi – 0,06% (5 – 0,05%) delle segnalazioni giudicate nell’ultimo anno, l’RTE ha deciso che il medico non ha agito in conformità dei requisiti di accuratezza, come stabiliti dalla Legge, durante l’applicazione dell’AaM. Questa percentuale è inferiore rispetto agli anni precedenti e rimane così bassa che senza dubbio si può trarre la conclusione che la pratica olandese dell’AaM è molto accurata. Ciò significa che i medici, nella stragrande maggioranza, agiscono con prudenza. Per illustrare la pratica dell’applicazione della Legge, la relazione annuale contiene dieci pareri resi anonimi che concludono che i requisiti di accuratezza sono stati soddisfatti. (1)

Alla fine, osserva la RTE che detti, pochi, giudizi negativi avrebbero potuto essere evitati se il CodiceEuthanasia 2022 (3) fosse stato seguito correttamente dei medici. Non risulta che l’RTE non ha differito i medici all’Ispezione della Sanità e/o al Pubblico Ministero.

 

Segnalazioni sui ventun anni

Il 2023 è stato il ventunesimo anno dopo l’entrata in vigore della Legge sul controllo dell’interruzione della vita su richiesta e del suicidio assistito (la Legge) (12), che ha legalizzato l’AaM e l’assistenza nei Paesi Bassi. L’RTE controlla ogni segnalazione di AaM rispetto ai requisiti stabiliti nella Legge. In questi ventun anni, 110.571 segnalazioni di AaM sono state giudicato dall’RTE. Di queste solo 138 (0,14%) non soddisfacevano i criteri di accuratezza. La grande maggioranza del giudizi non conformi è stata archiviata e solo in alcuni casi, da contare sulle dite della mano, portati davanti al giudice si è arrivato al processo sempre con l’assoluzione del medico. i medici denunciati sono stati assolti.

 

Il dibattito sociale

Anche il dibattito sociale e politico sull’AaM è continuato nel 2024. I principali argomenti sono:

  • l’AaM per anziani relativamente sani che soffrono della stanchezza di vivere. Nel 2023 una proposta di legge in tal senso è stata presentata alla Camera dei deputati (4). Si tratta della riformulazione della proposta del 2020 e ha recepito le osservazioni del Consiglio di Stato. Fino ad oggi la proposta non è ancora calendarizzata.
  • Nel settembre 2022 la Cooperativa Ultima Volontà (la CLW), promotrice di un prodotto chimico letale per chi considera la sua vita compiuta senza soffrire di una malattia infausta, ha intentato una causa contro lo Stato olandese, sostenendo che il divieto della distribuzione e il possesso di tale prodotto lede al diritto di autodeterminazione. Nella sentenza del febbraio 2023 il Tribunale dell’Aia ha sentenziato che lo Stato può porre dei limiti all’autodeterminazione.

Il 5 giugno 2024 due membri del Consiglio della CLW sono stati condannati ad una pena condizionale per avere fornito informazioni su detto prodotto. Il giudizio ha stabilito che detto atto è da considerare come istigazione al suicidio, vietata dalle leggi in vigore.

Una ricerca del ASL di Amsterdam e della Suicide Prevention Foundation del 2023 mostra che dal 2015 almeno 172 persone nei Paesi Bassi sono morte dopo aver usato il prodotto. L’età media è di 59 anni, secondo lo studio che ha anche rilevato che il numero di persone morte a causa del farmaco è aumentato di anno in anno tra il 2017 e il 2021.

Sin dall’emergere del prodotto suicido, ci sono stati dubbi sul fatto che il suo uso porti davvero a una morte dignitosa. Il Ministro della Salute ha osservato che l’uso del prodotto può portare a “gravi effetti collaterali”, come mancanza di respiro o convulsioni. Potrebbero anche volerci 40 ore prima che qualcuno muoia.

  • Dal 1° febbraio 2024 l’AaM di minori tra 1 e 11 anni è legale seguendo l’esempio del Belgio. Detta legalizzazione non è stata inserita nella Legge ma il Ministero della Sanità ha preferito di estendere il Regolamento sull’Interruzione Tardiva e il Fine-vita di Neonati (LZA/LP). Sono previsti rigorosi criteri di accuratezza e il controllo delle segnalazioni obbligatorie dei medici che detti criteri siano rispettati è demandato alla Commissione Centrale di Esperti LZA/LP per il controllo dell’operato dei medici (5).

L’RTE non interferisce in questi dibattiti.

 

 Nel 2022 è stata prestata molta attenzione all’aggiornamento del EuthanasieCode 2018 risultando nella pubblicazione dell’EuthanasieCode2022 (3). La integrazione più significativo riguarda l’AaM nel caso di un malato incosciente ma ha espresso la sua volontà sul fine-vita in una dichiarazione quando era ancora in grado di intendere e volere. Il Codice indica chiaramente gli standard di valutazione generali utilizzati dall’RTE. Questi sono distillati dai molti giudizi riguardo le segnalazioni giudicate. Il Codice crea chiarezza sull’applicazione dei criteri di accuratezza ed è quindi di grande importanza per il medico esecutivo. Il codice non è l’unico standard per il medico che applica l’AaM. Nel 2021 è stata pubblicata la nuova linea guida KNMG / KNMP (Ordini olandesi dei medici/farmacisti) per l’applicazione dell’AaM. (6).

 

L’AUMENTO DELLA FREQUENZA DELL’AaM E DELLA SEDAZIONE PALLIATIVA

Un’importante conclusione della quarta valutazione della Legge (7) è che la frequenza dell’AaM e della sedazione palliativa ha continuato ad aumentare durante il periodo in esame (2017-2022), mentre non è il caso per altre decisioni mediche riguardanti il fine-vita. Ci sono indicazioni che la distinzione tra AaM e la sedazione palliativa permanente e altre forme di gestione (intensiva) dei sintomi nella fase finale* della vita, è diventata un po’ più chiara nella pratica. Pare che la dimensione della “zona grigia” tra l’interruzione della vita da un lato e il controllo regolare dei sintomi dall’altro sembra essere diminuita: la percentuale di decessi in cui c’è stato un controllo intenso dei sintomi, in parte con l’obiettivo di accelerare la fine della vita, e/o sono state utilizzate dosi di morfina più elevate del necessario. I medici hanno anche definito tali interventi come AaM più frequente di prima.

 

La richiesta di una spiegazione della crescente frequenza dell’AaM e della sedazione palliativa

esiste da diversi anni. Nel 2019, l’Istituto Nivel ha condotto una ricerca sul’ aumento delle richieste e le segnalazioni di AaM 8). Ciò ha dimostrato che una combinazione di vari fattori: l’invecchiamento della popolazione, il cambiamento delle cause di morte, l’aumento della conoscenza ed accettazione dei cittadini e l’evoluzione dell’assistenza sanitaria potrebbe avere un impatto. Detto studio mostra inoltre, che l’aumento del numero di casi di AaM in parte potrebbe, ma certamente non solo, essere spiegato dalla aumento del numero di decessi. Dopotutto, c’è anche un chiaro aumento della percentuale, in valore relativo. Inoltre, l’aumento dell’AaM riguarda soprattutto le persone di età inferiore agli 80 anni.

 

L’invecchiamento non è un importante fattore esplicativo riguardo questo sviluppo. Anche la volontà dei medici di eseguire l’AaM non è cambiata durante il periodo di studio. È stato riscontrato un netto aumento del numero di richieste di AaM, anche da parte di persone con diagnosi diverse dal cancro (per esempio SLA). Ciò ha comportato una riduzione significativa della vita in una percentuale leggermente maggiore delle segnalazioni rispetto agli anni precedenti. La spiegazione principale dell’aumento di detta frequenza è probabilmente dovuta a una crescente domanda, anche da parte di persone che non sono ancora nell’ultima fase della loro vita.

Rispetto alla valutazione precedente, in questo studio non sono stati osservati grandi cambiamenti nelle opinioni dei cittadini, C’è molto sostegno tra i cittadini per l’idea che tutti dovrebbero avere il diritto all’AaM. Inoltre, un numero crescente di persone anziane era in grado di immaginare che a un certo punto avrebbero chiesto a un medico di porre fine alla loro vita. Sembra anche che ci sia un cambiamento nell’interpretazione del ruolo dell’empatia nell’interruzione della vita su richiesta nei Paesi Bassi, da parte dei cittadini, dei medici e dell’RTE, in cui l’esperienza personale del paziente riguardo la sofferenza è sempre più centrale della valutazione professionale di essa. Anche la continua secolarizzazione della popolazione potrebbe essere una ragione oltre al numero di persone che hanno vissuto da vicino l’AaM di un loro caro.

 

Che gli sforzi del governo, i medici e le associazioni pro-fine-vita volontario per fare conoscere la Legge ai cittadini ha avuto successo risulta da un sondaggio (8) con l’esito che detta conoscenza oscilla tra 70 e 80%. 84% dei cittadini ha risposta chi è a favore o ha una posizione neutra alla domanda; “La mia opinione è che ogni persona ha il diritto di disporre della propria vita e della propria morte”. Soltanto 16% era contrario.

Un altro dato interessante è che 46%, quasi la metà degli elettori del partito politico “Appèl (Appello Cristiano Democratico – CDA) è favorevole all’AaM.

 

L’aumento della frequenza della sedazione palliativa permanente non è stato un obiettivo specifico della valutazione della Legge, ma la ricerca è stata fatta da altre istituzioni (9) e (10). Ciò ha dimostrato che i sintomi psicosociali ed esistenziali pesano più di prima nella decisione di iniziare la sedazione.

Inoltre, è più probabile che gli operatori sanitari considerino una combinazione di sintomi (fisici e di altro tipo) come non curabili (refrattari). Anche gli operatori sanitari hanno sperimentato una maggiore pressione per iniziare la sedazione palliativa permanente. A volte la sedazione palliativa è vista dai pazienti e dai parenti come un diritto che possono utilizzare in un momento di loro scelta.

In pratica, la sedazione palliativa permanente è attualmente vissuta meno come ultima risorsa ed è vista più come una prassi normale delle cure palliative dagli operatori sanitari, dai pazienti e dai loro cari.

Quest’ultima può applicarsi anche all’AaM. La maggiore enfasi sull’esperienza personale di sofferenza del paziente, eventualmente ma non necessariamente in accordo con la famiglia, nelle decisioni sull’AaM e la ridotta importanza del giudizio professionale del medico, possono aver contribuito a questo cambiamento.

 

INFORMAZIONI DETTAGLIATE SUI CASI GIUDICATI

Seguono i dettagli delle segnalazioni ricevute:

 

Sesso:

  • donna: 962 – 49,8%             (4.465 – 49,2%)
  • uomini: 996 – 50,2%             (4.603 – 50,8%).

 

Metodo:

  • fine-vita volontario su richiesta (AaM):             753 – 97,9% (8.860 – 97,7%); 
  • assistenza al suicidio:    187 – 1,9%   (190 – 2,1%) e 
  • una combinazione dei due metodi      18 – 0,2%   (18 – 0,2%);

 

Natura dell’affezioni

Per 8.593 – 86,3% (8.042 – 88,7%) della segnalazioni si trattava di malati di:

  • tumori 346 – 53,7%             (5.105 – 56,3%);
  • affezioni del sistema nervoso, p.e. SLA …                 681 – 6,8%              (605 – 6,7%); 
  • affezioni del cuore e le arterie non da tumore      – 4.3%              (393. – 4.3%);
  • affezioni ai polmoni non causato da tumore     346 – 3,5%              (340 – 3,7): 
  • combinazione di affezioni 791 – 18,0%             (1.599 – 17,7%). 

Percentuali in rapporto con il totale delle segnalazioni

 

Riguardo la demenza dalle 427 – 4,3% segnalazioni (328 – 3,6%), ricevute nell’anno 2024, ne sono state giudicate 346. 6 (8) segnalazioni hanno coinvolto pazienti in uno stadio molto avanzato di demenza. Questi pazienti non erano più in grado di riconfermare la loro richiesta d’AaM. In questi casi la dichiarazione di volontà scritta è stata decisiva per determinare la volontarietà della richiesta. Per questi casi, secondo una recente sentenza della Corte Suprema non va considerata solo la dichiarazione di volontà ma anche il contesto intorno al malato come, per esempio, la volontà espressa più volte dal malato di terminare la vita ai familiari o al medico curante, quando era ancora in grado di decidere autonomamente.

Per 334 (320) segnalazioni, la demenza ha costituito la base della sofferenza nella fase iniziale. Riguardava i pazienti in una fase di demenza, in cui avevano ancora una visione (dei sintomi) della loro malattia, come la perdita di orientamento e personalità. Sono stati considerati capaci di esprimere la loro volontà per quanto riguarda la loro richiesta di AaM perché poteva ancora prevedere le conseguenze della loro richiesta.

 

Per 219 – 2,2% (138 – 1,5%) segnalazioni, la sofferenza era causata da uno o più disturbi psichiatrici. Di questi casi, il medico segnalante era 60 (56) volte uno psichiatra, 55 (35) volte un medico generico curante e 26 ()47 volte uno specialista in medicina geriatrica o un altro medico. In 126 (70) casi in cui l’AaM è stata concessa a un paziente sulla base dei suoi disturbi psichiatrici, il medico esecutivo era affiliato al Centro Esperienza Eutanasia (Centro). Nei giudizi in cui i disturbi psichiatrici costituiscono la base della sofferenza, il medico deve mostrare grande cautela. Si osserva inoltre che è obbligatorio la consulenza di un terzo medico psichiatra. Per i casi complessi di AaM applicati dal Centro la richiesta è discussa infine da un comitato composto da uno psichiatra, un etico e un giurista. La prudenza è confermata dal fatto che il Centro accoglie mediamente circa 8% delle richieste ricevute da malati psichiatrici.

 

Segue un esempio dell’accoglienza di una richiesta di un malato psichiatrico.

Giudizio 2024 – 37   Paziente minorenne, disturbo dello spettro autistico

A un giovane, tra i sedici e i diciotto anni, era stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico (di seguito: ASD) con sintomi di ansia e umore circa quattro anni e mezzo prima della morte. Fin da quando era un bambino, ha avuto sentimenti di depressione e il desiderio di non vivere più. Da circa quattro anni prima della morte, aveva continui pensieri suicidi. Due anni prima della morte, ha fatto un grave tentativo di suicidio.

Il giovane ha descritto la sua vita come “sfortunata”. Si sentiva molto solo, era profondamente infelice e non provava piacere in nulla. Non riusciva a comunicare con i coetanei né inserirsi nella comunità e si sentiva incompreso. Era tormentante per lui vedere i suoi coetanei svilupparsi, mentre lui non riusciva a usare le sue capacità e rimaneva bloccato. Ogni giorno era una sfida per lui da superare. Poiché era ipersensibile agli stimoli e incapace di regolare le sue emozioni, era molto limitato. Difficilmente riusciva a uscire di casa perché senza l’influenza stabilizzante di sua madre, diventava sovra stimolato troppo rapidamente e aveva rabbia o attacchi di panico. La vita era per lui una lotta costante senza alcuna prospettiva. Le ultime settimane prima della morte non si alzavo dal letto.

Circa un anno prima della morte, il giovane si era registrato presso il Centro Expertise Eutanasia (Centro). A causa del lungo tempo di attesa del Centro a causa della mancanza di psichiatri, attualmente in fase di miglioramento, lui e i suoi genitori si sono rivolti a uno psichiatra infantile e adolescenziale per presentargli la richiesta di eutanasia. Il medico ha deciso di indagare sulla richiesta di eutanasia del giovane e gli ha parlato per la prima volta cinque mesi prima della morte, durante i quali il giovane gli ha chiesto di effettuare l’AaM. In ogni conversazione successiva ripeteva questa richiesta. Il medico ha consultato uno psichiatra indipendente anche lui esperto in psichiatria infantile e adolescenziale e un medico SCEN indipendente come consulente. Si è anche consultato con i genitori del giovane, con i suoi (ex) medici, con altri psichiatri dell’infanzia e dell’adolescenza, con associazioni di medici, con professori con competenze specifiche in questo campo ed esperti multidisciplinari. Con tre terapisti, due esperti, i genitori e un altro membro della famiglia del giovane, ha tenuto una conversazione morale sull’opportunità di onorare il desiderio di eutanasia del giovane. Ha anche condotto ulteriori ricerche consultando fonti scientifiche sulla possibilità che la sofferenza del giovane potesse essere ridotta nel tempo dalla maturazione del cervello.

RICHIESTA VOLONTARIA E INFORMATA

Nonostante la giovane età, il medico non aveva alcun dubbio sulle capacità mentali del giovane riguardo alla richiesta di AaM. Era in grado di valutare la sua condizione e capire quali sarebbero state le conseguenze dell’eutanasia per lui e per i suoi cari. Era in grado di articolare bene la sua sofferenza e le sue considerazioni e aveva anche spiegato il suo desiderio in una richiesta scritta. Il suo desiderio di morire esisteva da molto tempo ed era coerente. Il medico era anche convinto che non ci fosse alcuna pressione dal suo ambiente. I suoi cari e gli operatori sanitari avevano cercato a lungo di fargli cambiare idea, senza successo. Il medico era anche convinto che il desiderio del giovane non fosse una conseguenza diretta del suo disturbo dello spettro autistico, ma derivasse da anni di sofferenza per le conseguenze di questo disturbo. Il medico ha concluso che la richiesta del giovane era volontaria e deliberata. È stato confermato in questa opinione dallo psichiatra indipendente, dal medico SCEN e dai partecipanti alla deliberazione morale.

SOFFERENZA SENZA SPERANZA E LA MANCANZA DI UN ALTRA SOLUZIONE RAGIONEVOLE

Il fascicolo sanitario mostrava che il giovane era stato sottoposto a un lungo processo di trattamento e consulenza negli ultimi dieci anni. Fin dai suoi primi anni c’è stato un orientamento scolastico specifico e ha seguito la terapia del gioco. Ha seguito la psicoeducazione, la terapia cognitivo comportamentale, la terapia di regolazione delle emozioni e la terapia sistemica con diversi psicologi e psichiatri. Da tre anni prima della morte, aveva una terapia della parola individuale settimanale. Inoltre, l’EMDR (Eye Moviment Desensitization and Reprocessing) è stato utilizzato per elaborare eventi scioccanti. Il giovane ha anche ricevuto una guida per il suo talento e ci sono stati interventi che promuovono il recupero, come l’educazione speciale, un programma adattato a scuola e attività diurne. Inoltre, il giovane era stato trattato con farmaci, tra cui antidepressivi e un antipsicotico atipico. Sebbene si fosse impegnato a sottoporsi a tutti i trattamenti, questi non avevano avuto l’effetto desiderato e non avevano ridotto le sue sofferenze.

Lo psichiatra curante del giovane aveva discusso più volte la sua situazione con i colleghi e aveva contattato le istituzioni per scoprire se fosse possibile una terapia alternativa o più intensiva. Non è stato trovato alcun trattamento adeguato. Come ultima possibilità, ha suggerito un processo intensivo (un ricovero o un rinvio a un centro di competenza per l’autismo).

A causa del processo che aveva attraversato, il medico si convinse che la sofferenza del giovane era senza speranza. Non si aspettava che i trattamenti attuali e futuri avrebbero migliorato la qualità della vita. Ci si aspettava che il desiderio di morte del giovane rimanesse, con buone probabilità che avrebbe fatto un nuovo tentativo di suicidio se il suo desiderio di AaM non fosse stato onorato.

Lo psichiatra indipendente consultato ha scoperto che un certo tipo di antidepressivi (triciclici) non era ancora stato provato per i disturbi dell’umore del giovane. Inoltre, altri trattamenti del protocollo per la depressione non erano ancora stati provati, come la terapia elettroconvulsivante (ECT) e la ketamina. Poiché questi trattamenti avrebbero avuto poco o nessun effetto sull’ASD, che era la causa delle sue lamentele ed era la base della richiesta di AaM, il medico non si aspettava che questi trattamenti sarebbero stati in grado di aiutare il giovane. Inoltre, potevano essere eseguiti solo durante un ricovero, il che lo avrebbe costretto a lasciare il suo ambiente familiare e a disturbarlo.

 

L’RTE stabilì che il medico poteva giungere alla convinzione che la sofferenza del giovane era senza speranza e che non c’era altra soluzione ragionevole per la sua situazione. Sia i medici curanti del giovane che lo psichiatra indipendente e il terzo consulente lo hanno sostenuto in questa convinzione.

Secondo l’RTE, il medico aveva agito con grande cautela e aveva rispettato i requisiti di dovuta di accuratezza discussi sopra, così come gli altri requisiti.

 

Un accumulo di malattie legati all’età

Anche definito come poli patologia (cecità, sordità, osteoporosi – decalcificazione ossea) e le sue conseguenze, artrosi (usura delle articolazioni). Anche problemi di equilibrio, declino cognitivo come la diminuzione della conoscenza e del sapere, potrebbero essere la causa di sofferenze insopportabili e senza prospettive di miglioramento. Questi disturbi, spesso degenerativi, di solito si verificano nell’età più elevata e possono formare una somma di disturbi correlati. Possono portare a sofferenze che in connessione con la storia della malattia, la biografia, la personalità, il modello di valore e la capacità di sopportazione del paziente è vissuto dal paziente permanentemente come insopportabile. Nel 2024, l’RTE ha ricevuto 397 – 4,0% (349 – 3,8%) segnalazioni in questa categoria.

Segue un giudizio dell’RTE riguardo l’accumulo di malattie legate all’età

Una donna, età 100+, ipovedente, ipoacusica, dolore articolare

Una donna di età superiore ai cento anni soffriva sempre più di problemi di vista, un udito molto scarso e dolore dovuto all’usura delle articolazioni della schiena, delle mani, delle ginocchia e delle spalle. Aveva spesso discusso il suo desiderio di AaM con lo specialista geriatrico della casa di cura in cui si trovava.

Il medico aveva cercato in tutti i modi di alleviare le sofferenze della donna negli ultimi anni. La donna è stata ricoverata in una casa di cura, ci sono stati aggiustamenti al suo letto e alla sua sedia e ha ricevuto farmaci e fisioterapia. Alla fine, la donna divenne così stanca e dolorante che rimase a letto quasi tutto il giorno. Di conseguenza, il suo desiderio di eutanasia è diventato attuale.

Il medico trovò la sofferenza della donna palpabilmente insopportabile e non vide più possibilità di rendere sopportabile la sua sofferenza. È stato chiamato il medico SCEN (Supporto e Consulenza Eutanasia). Era d’accordo con il medico curante.

La commissione ha stabilito che il medico aveva soddisfatto i requisiti di diligenza.

 

Infine, al momento della registrazione delle segnalazioni, la RTE utilizza la categoria residua altre affezioni. Queste sono condizioni che non sono classificabili tra le categorie precedentemente indicate, ad esempio una sindrome del dolore cronico o una rara malattia ereditaria. Si trattava di 237 – 2,4% (203 – 2,2%) segnalazioni

 

Età: 

  • da 12 a 17 anni        3               (2);
  • da 18 a 30 anni:      42 – 0,4%   (38 – 0,4%);
  • da 31 a 40 anni      78 – 0,7%   (65 – 0,7%);
  • da 41 a 50 anni:    202 – 2,0%   (156 – 1,7%), 
  • da 51 a 60 anni:    663 – 6,7%   (682 – 7,5%);
  • da 61 a 70 anni: 731 – 17,4% (1.662 – 18,3%);
  • da 71 a 80 anni: 284 – 33,0% (3.129 – 34,5%): 
  • da 81 a 90 anni: 980 – 30,0% (2.453 – 27,2%);
  • da 91 anni in poi:    975 – 9,8%   (881 – 9,7%).

Per la categoria demenza su 427 segnalazioni194 (131) riguardavano pazienti tra 81 e 90 anni seguito da 149 (141) tra 71 e 80 anni.

Per la categoria disturbi psichiatrici su 219 segnalazioni 111 riguardavano pazienti tra 51 e 60 anni, 78 per la categoria tra 61 e 70 anni e 30 tra 18 e 30 anni.

Per l’accumulo di disturbi legati all’età la maggioranza dei pazienti avevo un’età oltre 90 anni: 244 su 397 (224 su 349) segnalazioni

                                                                                                                                             

Medico segnalante: 

  • Medico curante – in genere il medico di famiglia:             913– 79,4%  (7.249– 79,9%);
  • Specialista geriatrico:               424 – 4,3%   (365 – 4,0);
  • specialista ospedaliero (di cui psichiatri 72):    354 – 3,6%   (389 – 4,4%);
  • altri medici tra cui quelli appartenenti al Centro: 267 – 12,7% (1.065 – 11.8%).

 

Luogo del decesso:

  • Abitazione:             728 – 77,5% (7.151 – 78,9%);
  • hospice:    863 – 9,0%   (688 – 7,6%);
  • case di riposo o RSA:             012 – 10,1% (897 – 9,9%);
  • ospedale:    226 – 2,2%   (211 – 2,1%):
  • altri p.e. abitazione di familiari:    129 – 1,3%   (121 – 1,3%). 

 

Centro Esperienza Eutanasia (Centro)

Considerando la complessità di alcuni casi sovente il medico che applica l’AaM consulta il Centro. Il compito del Centro è, oltre al supporto e l’informazione a medici curanti, l’intervento diretto nell’applicazione dell’AaM. Anche i medici che per ragioni ideologiche non applicano l’AaM oppure non vogliono intervenire quando si tratta di pazienti non (ancora) nello stato terminale o nei casi complessi (circa 20% dei medici olandesi), rimandano sovente loro pazienti al detto Centro. Capita anche che il paziente o la sua famiglia cercano contatto direttamente con il Centro.

Il numero di segnalazioni ricevute dall’RTE da parte di medici appartenenti al Centro era 1.417 (1.277), un aumento dell’11%.

Circa la metà delle segnalazioni di eutanasia per malattia mentale proveniva da un medico del Centro: 126 delle 219 segnalazioni (57,5%). In termini percentuali, si tratta di un aumento rispetto al 2023: 70 delle 138 segnalazioni (50,7%). Delle segnalazioni in cui la base della sofferenza derivava da una forma di demenza, 149 delle 427 segnalazioni (34,9%) provenivano da un medico del Centro. Inoltre, 140 delle 397 segnalazioni (35,3%) di disturbi legati all’età provenivano da medici del Centro. Si tratta di un calo rispetto al 2023 (151 -43,3%).

5

 

Non sono ancora disponibile i dettagli sulle attività svolte dal Centro. Comunque, i dati del 2023 (11) sono una buona indicazione per rendere conto dell’importanza del Centro nell’informazione per i medici e l’analisi di casi particolari di AaM.

 

Durante 2023 il Centro ha ricevute 4.508 richieste di AaM contro 4.149 nel 2022 (più 8,6%). Di queste richieste 1,269 – 28,1%, sono state accolte (1,204 – 23,9%).

 

Le richieste ricevute riguardavano le seguenti malattie:

  • tumori 904 – 20%
  • malattie psichiatriche 898 – 20% di cui accolte 70 (7,8%)
  • combinazione di affezione a causa dell’età 631 – 14% di cui accolte 151 (23,9%)
  • demenza 586 – 13% di cui accolte 134 (22,9%)
  • affezioni del sistema nervoso, p.e. SLA … 410–    9%
  • combinazione di affezioni 406 –   9%
  • altre malattie somatiche – 15%

(Percentuali in rapporto con il totale delle richieste ricevute riguardo malattia specifica).

 

L’aumento del numero di persone di età inferiore ai 30 anni con sofferenza psichiatriche è significativo. 322 richieste (322). Tuttavia, la maggior parte dei richiedenti ritira la domanda dopo aver consultato i collaboratori del Centro, spesso perché è ancora possibile un trattamento alternativo ragionevole e quindi le richieste non soddisfano i requisiti di accuratezza.

 

Per quanto riguarda le richieste non accolte, o non potevano essere più accolte, i dati sono:

  • decesso per morte naturale             037 – 32%
  • il paziente ha ritirato la richiesta                777 – 24%
  • rigettate, non soddisfacevano i criteri di accuratezza    551 –17%
  • pratica chiusa per mancanza di autorizzazione               292 – 9%
  • Medico curante si ritira                227 – 7%
  • Suicidio                  65 – 2%%
  • Decesso in seguito alla sedazione profonda                  32 – 1%
  • Altre    -. 8%

 

Per quanto riguarda la complessità dei casi, nel 2023 il Centro è intervenuto per 

  • pazienti psichiatrici in 70 casi – 50,7% del totale dei casi (65 – 57,5%):
  • pazienti dementi 134 – 40,9%    (119 – 41,4%)
  • pazienti con un accumulo di affezioni 151 – 43,2%    (123 – 42,7%)

Più di tre quarti dei malati deceduti in seguito all’AaM aveva un età da 75 anni in poi.

L’RTE ha giudicati che per tutte le segnalazioni il Centro ha rispettato i criteri di accuratezza previsti dalla Legge.

 

Oltre all’applicazione dell’AaM il Centro fornisce informazione a medici e altri collaboratori sociosanitari.

Si tratta di;

  • 165 presentazioni del Centro a collaboratori sociosanitari;
  • 378 risposte a domande pervenute al Infopoint telefonico.
  • 487 partecipanti a corsi di formazione;
  • 517 accompagnamenti del e supporto a medici e psichiatri.

 

Duo-AaM

Per 66 (66) segnalazioni è stata concessa l’AaM contemporaneamente a 33 (33) coppie (duo AaM). Va da sé che ogni caso deve soddisfare individualmente i criteri di accuratezza richiesti dalla Legge. Inoltre, entrambi i partner devono essere visitati da un consulente differente per garantire la valutazione indipendente della richiesta.

 

Casi non conformi ai requisiti di accuratezza

Per confermare la severità dell’RTE nel giudicare le segnalazioni seguono sinteticamente i 6 (5) casi su 9.958 – 0.06% (9-068 – 0,05%), nessuno di questi giudizi sono stati inviati al Pubblico Ministero e il Comitato disciplinare dell’Ordine dei Medici.

L’RTE verifica se il medico abbia seguito le linee guida sulla base dell’EuthanasieCode2022 che sono le interpretazioni dei requisiti di accuratezza e dei chiarimenti soprattutto riguardano i casi complessi (demenza, malati psichiatrici ecc.)

Detti requisiti, stabiliti dalla Legge – articolo 2, sono 12):

  • deve trattarsi di una richiesta volontaria, consapevole, incondizionata e ben ponderata del paziente;
  • deve trattarsi di una sofferenza insopportabile, senza alcuna speranza di miglioramento per il paziente;
  • il medico abbia informato il paziente della situazione clinica in cui si trovava e sulle prospettive che ne derivano;
  • il medico e il consulente devono giungere alla convinzione che per la situazione in cui il paziente si trova non vi è alcun’altra soluzione;
  • deve essere consultato almeno un altro medico indipendente, non coinvolto nella cura del paziente;
  • l’AaM deve essere attuata in maniera scrupolosa dal punto di vista medico.

 

Nel 2024, dei sei casi in due casi si è trattato della consultazione, una relazione ha riguardato la grande cautela che un medico deve osservare se la richiesta di eutanasia sia (in gran parte) il risultato di una sofferenza che è il risultato di una malattia mentale. E in tre casi, l’esecuzione è stata negligente dal punto di

vista medico. Un giudizio è descritto qui sotto e possono essere consultati in una forma più ampia sul sito web dell’RTE

Giudizio 2024 – 005 Cancro, nessun controllo adeguato del coma durante l’applicazione complicata

A un uomo, tra gli ottanta e i novant’anni, erano state diagnosticate metastasi epatiche estese senza un tumore primitivo noto circa due mesi prima della morte. L’applicazione dell’AaM è stata complicata.

Il medico aveva indicato nel modello di relazione, in un commento scritto e in seguito oralmente che l’applicazione non era andata liscia. Il medico aveva prima somministrato la dose abituale dell’induttore del coma. Dopo che l’uomo non è caduto in coma, il medico gli ha somministrato un’altra dose di induttore del coma attraverso la stessa flebo e poi una dose di miorilassante.

Sebbene il medico abbia riscontrato un coma sufficientemente profondo nell’uomo dopo la somministrazione della seconda dose del induttore, l’uomo non è morto dopo che il medico ha successivamente somministrato la prima dose di miorilassante. Il medico ha quindi chiamato il servizio di ambulanza e ha fatto installare una nuova flebo. Il medico ha quindi somministrato una seconda dose di miorilassante senza determinare nuovamente se il coma fosse ancora sufficientemente profondo nel modo indicato nel CodiceEutanasia (il controllo del coma). Subito dopo, il paziente è morto. L’intero intervento ha durata circa sessanta minuti.

L’RTE ha stabilito che il medico non ha agito in conformità con il Codice nell’applicazione dell’AaM. Dopo aver stabilito che l’uomo non rispondeva sufficientemente alla prima dose dell’induttore, il medico non aveva immediatamente reinserito un ago per la flebo prima di iniettare l’induttore per la seconda volta. Il medico ha spiegato di aver agito in questo modo perché in quel momento non dubitava sul funzionamento della flebo.

Dopo la seconda dose di induttore e prima della prima dose di miorilassante, il medico ha adeguatamente determinato che la coscienza del paziente era sufficientemente abbassata. Secondo l’RTE, non vi era quindi alcun rischio reale che il paziente potesse aver sperimentato le conseguenze negative della prima dose di miorilassante. Il mancato reinserimento di un nuovo ago per la flebo prima di somministrare una seconda dose dell’induttore del coma non è però conforme alla Direttiva e il Comitato sottolinea l’importanza di agire in conformità con il Codice. Ciononostante, l’RTE è del parere che il medico non abbia agito con negligenza medica a tale riguardo.

Tuttavia, questo non si applica alla fase successiva all’iniezione della nuova infusione. Quando la morte non si è verificata dopo la somministrazione della prima dose di miorilassante e il medico ha iniziato a dubitare della flebo, il medico avrebbe dovuto ripetere l’intera procedura in conformità al Codice. Il medico ha fatto inserire una nuova flebo, ma successivamente non ha somministrato nuovamente un induttore prima di somministrare la seconda dose di miorilassante e non ha eseguito un adeguato controllo della profondità del coma come descritto nel Codice di eutanasia 2022. A causa del lungo lasso di tempo (circa trenta minuti) tra l’ultimo controllo della profondità del coma e la somministrazione della seconda dose di miorilassante, non è possibile stabilire con sufficiente certezza che il paziente fosse ancora in coma sufficientemente profondo.

Il medico ha dichiarato di aver continuamente monitorato e valutato l’uomo. Era convinto che il paziente non avesse notato nulla dell’intero processo, tranne la fase tra le due dosi dellinduttore del coma. Tuttavia, secondo l’RTE, ciò non ha ridotto sufficientemente il rischio che il paziente subisse le conseguenze negative della seconda dose di miorilassante. Il medico deve sempre evitare il rischio che il paziente sia a conoscenza della somministrazione del miorilassante.

Poiché non si poteva escludere con sufficiente certezza che il paziente potesse aver sperimentato le conseguenze negative della seconda dose di miorilassante, l’RTE non ha avuto altra scelta che concludere che il medico non aveva effettuato l’interruzione della vita su richiesta applicando le dovute cure mediche.

Il medico aveva soddisfatto gli altri requisiti di accuratezza.

 

Per meglio comprendere l’applicazione dell’AaM, l’RTE ha descritto nel capitolo 3 della relazione:

  • 5 esempi di segnalazioni delle malattie più frequenti:
  • 5 esempi di segnalazioni ordinate per criterio di accuratezza;
  • 4 esempi di malati con un affezione particolare.

Si rimanda alla relazione per l’anno 2022 per la descrizione di altri casi appartenente a queste categorie.13)

 

Johannes Agterberg                                                                                                 31 marzo 2025

 

Fonti e letteratura  

  • Regionale Toetsingscommissie Euthanasie Jaarverslag 2024(Relazione Annuale 2023 delle Commissioni Regionali di Controllo AaM). La relazione è scaricabile dal sito dell’RTE (euthanasiecommissie.nl). fra breve saranno disponibili le relazioni in inglese, spagnolo, francese e tedesco
  • Centraal Bureau voor de Statistiek; Overlijden, geslacht en leeftijd (Ufficio Centrale di Statistico; decessi, gender e età) febbraio 2024;
  • RTE – Euthanasiecode 2022 (Codice Euthanasia 2022). La versione 2018 è tradotta in italiano, vedi la pubblicazione “Fine-vita volontario in Olanda – per chi ne vuol sapere di più” 2018 Johannes Agterberg edito da NewPress Edizioni S.r.l. Lomazzo;
  • Wetsvoorstel toetsing levensbegeleiding van ouderen op verzoek (Proposta di legge sull’assistenza a morire su richiesta di persone anziane) novembre 2023;
  • Wijziging regeling beoordelingscommissie late zwangerschapafbreking en levensbeeindiging pasgeborenen (LZA/LP) naar aanleiding van de levensbeeindiging van kinderen van 1-12 jaar. (Cambiamento del regolamento riguardo la Commissione di controllo dell’aborto tardivo e il fine-vita di neonati conseguente il fine-vita di minori tra 1 e 12 anni) gennaio 2024
  • KNMG – Richtlijn uitvoering euthanasie en hulp bij zelfdoding. (Linee guida per l’applicazione dell’Aa). Per la traduzione delle linee in italiano si rimanda alla pubblicazione “Fine-vita volontario – Linee guida per l’applicazione dell’Eutanasia e della assistenza medica al suicidio” .2022 Johannes Agterberg Edito da NewPress Edizioni S.r.l. Lomazzo;
  • Vierde Evaluatie Wet toetsing levensbeeindiging op verzoek en hulp bij zelfdoding (Quarta valutazione della Legge controllo dell’interruzione della vita e assistenza al suicidio) 2023 Zonmw.
  • Ontwikkelingen van het aantal euthanasiegevallen en de achterliggende factoren (Evoluzione del numero di casi di AaM e fattori sottostanti). 2019 Nivel;
  • Public and physicians’support for euthanasia in people suffering from psychiatric disorders: a cross sectional survey study. 2019 BMC Medical Ethics;
  • Changes in the use of continuous deep sedation in the Netherlands. marzo 2024 M.T. Heijltjes Università di Utrecht (NL).
  • Expertisecentrum Euthanasie 2023 in beeld (Centro Expertise AaM – i dati del 2023) marzo 2024;
  • Wet toetsing levensbeeindiging op verzoek en hulp bij zelfdoding (Legge controllo dell’interruzione della vita e assistenza al suicidio) 2002. Per la traduzione si rimanda al sito finevitavolontario.it.
  • Olanda: La relazione per l’anno 2022 delle Commissioni Regionali di Controllo Euthanasia (l’RTE).7 aprile 2023 (finevitavolontario.it)

 

 La morte medicalmente assistita ci mette davvero su un pendio scivoloso che ci fa finire nel baratro?

Pendio scivoloso rivista Bioetica

Questa informazione è destinata agli italiani che considerano di recarsi in Belgio per ottenere l’eutanasia.

I non residenti possono beneficiare del quadro giuridico belga che disciplina l’eutanasia, a condizione naturalmente che rispettino i requisiti previsti della legge allo stesso modo di chiunque viva nel paese.

La distanza geografica, tuttavia, ha necessariamente sul processo un impatto di cui i non residenti devono essere consapevoli e che viene brevemente descritto nel presente documento.

Mentre la legge che disciplina l’eutanasia non si applica solo ai cittadini belgi, la residenza è comunque implicitamente un problema perché si tratta di una legge che de-criminalizza l’eutanasia. Di conseguenza, se il medico praticante (in seguito medico) deve evitare azioni penali, deve accertare che la richiesta del paziente è deliberata, ribadita e ben ponderata, che non è coercitiva e che il paziente subisce sofferenze fisiche o mentali insopportabili causate da una condizione grave e incurabile – sia che la sua origine sia patologica o accidentale.

Affinché il medico accerti che la richiesta è effettivamente deliberata, che non è il risultato di una qualche forma passeggera di depressione o di qualche fattore esterno come la pressione sociale o, deve aver sviluppato una profonda relazione terapeutica con il malato. Inoltre, il medico deve anche informare il paziente della sua condizione – che deve essere irrimediabile – e delle alternative delle cure disponibili o palliative.

Il medico dovrà anche consultare almeno un collega che esaminerà le cartelle cliniche e dovrà anche visitare il paziente. Se non si prevede un esito fatale a breve termine (cioè il paziente non è malato terminale), l’opinione deve essere richiesta a un terzo medico, uno psichiatra o un medico con esperienza specialistica nella patologia pertinente.

Di conseguenza, mentre la residenza in Belgio non è una condizione ai sensi della legge, la filosofia di base implica un soggiorno minimo nel paese e/o diversi viaggi per le varie consultazioni mediche poiché la relazione terapeutica non dovrebbe essere formato esclusivamente riguardante la questione dell’eutanasia.

È chiaro che ciò solleva difficoltà pratiche per coloro che vivono all’estero e si suggerisce che i non residenti in cerca di informazioni sul fine vita si rivolgiamo inizialmente alla loro associazione locale di diritto alla morte ed esamini le opzioni disponibili a livello locale.

In caso di soluzione a livello locale, tuttavia, il medico del paziente (medico generico o specialista) dovrebbe mettersi in contatto con i colleghi belgi specializzati nella patologia pertinente per avviare la procedura. Ciò implicherebbe ovviamente un viaggio in Belgio, probabilmente più volte, poiché le consultazioni possono non basarsi esclusivamente su cartelle cliniche o avvenire per telefono o via Internet.

È possibile l’assistenza di un interprete durante le visite mediche, il dossier medico del paziente deve essere tradotto in francese o olandese

Se il medico locale non fosse disposto o in grado di aiutare il suo paziente a stabilire questi contatti, i non residenti che desiderano impegnarsi in un tale processo potrebbero prendere in considerazione l’idea di contattare i “centri di consultazione di fine vita ” organizzate dall’ordine dei medici in diverse città belghe. I pazienti possono consultare detti centri autonomamente anche se dovrebbero preferibilmente essere indirizzati da un medico (medico di famiglia o specialista).  Queste consultazioni sono puramente informative e solo su appuntamento.

Vale anche la pena sottolineare qui che i medici sono particolarmente cauti quando si tratta di condizioni psichiatriche. Si tratta di situazioni di fronte alle quali ci vuole più tempo prima di decidere se l’eutanasia sarebbe ammissibile ai sensi della legge in quanto vogliono accertare che non vi è altra scelta né in termini di guarigione del paziente né per rendere le sue sofferenze più sopportabili. Ciò significa che il paziente dovrebbe con ogni probabilità prevedere un lungo soggiorno, di durata indefinibile, in Belgio senza alcuna garanzia di avere eventualmente accesso all’eutanasia.

Infine, i non residenti dovrebbero anche essere consapevoli del fatto che attualmente vi è una notevole reticenza nel corpo medico quando si tratta di trattare con pazienti non residenti a causa delle difficoltà pratiche che ciò comporta – e questo in particolare quando si tratta di condizioni psichiatriche per ovvie ragioni.

Di conseguenza, i pazienti non residenti con una condizione psichiatrica non dovrebbero avere molte speranze – se ce ne sono – che avrebbero accesso all’eutanasia in questo paese.

I requisiti in cui l’eutanasia può essere eseguita legalmente sono piuttosto rigidi, giustamente.  Il lungo dibattito sull’adozione di questa legge sulla de-criminalizzazione è stato estremamente controverso e l’ADMD ha lottato duramente per vederlo adottato.  È quindi fondamentale che la filosofia di fondo del diritto sia rispettata, per non criticare la nostra organizzazione per aver promosso una qualche forma di “turismo dell’eutanasia”.

Johannes Agterberg                                                                      23 luglio 2020

N.B. La presa di posizione delle associazione belghe pro-fine-vita volontario non si scosta significativamente da quella delle associazioni olandesi

Fonti:  sito AMDM Assocition pour le Droit a Mourir dans la Dignité (Associazione per il Diritto di Morire Dignitosamente) www.ADMD.be

            Sito LEIF Levenseinde Informatie Forum (Foro di Informazione sul fine-vita) www.LEIF.be

            Sito www.finevitavolontario.it paese Belgio 18 maggio 2020 Testo della Legge sull’eutanasia

Ho scritto questo articolo, apparso sul sito della Cellula Coscioni di Como, il 29 ottobre 2018, quasi 2 anni fa. Mi ne sono ricordato durante la pandemia del COVID-19. Ho visto la disperazione di familiari di pazienti deceduti a causa del virus. Pazienti che quasi tutti avevano delle patologie gravi qui morta era probabilmente imminente con chi sa quali sofferenze. Notevole era detta disperazione e mi sono chiesto se fosse necessario. Secondo me no e mi spiego. Empiricamente è provato che una buona preparazione alla morte tende a mitigare il dolore della scomparsa di un caro e dimezzare il periodo di lutto. Per ottenere questo risultato è necessario un dialogo tra medico di famiglia, i parenti e il paziente, in altre parole, rompere il tabù di parlare del fine-vita che prima o poi tocca a tutti noi. Qui il medico di famiglia ha un ruolo importante perché sarà lui a iniziare detta dialogo quando ritiene opportuno visto il peggioramento della condizione di salute del suo paziente. Sarà una conversazione difficile e non tutti i medici hanno l’esperienza di poterlo fare. Ragione per cui già durante la formazione dei futuri medici è consigliabile porre attenzione a questo argomento.

Ecco il testo dell’articolo.

Ho partecipato passivamente e attivamente come relatore, a incontri con lo scopo di divulgare la conoscenza ai cittadini sulla possibilità di redigere le Disposizioni Anticipate di Trattamento (le DAT), introdotte nella legislazione italiana nel dicembre 2017 con la legge 219, norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento. (anche definito come bio-testamento

In più occasioni è stata posta la domanda se la sua redazione sia utile. La sviluppo della medicina è continuo e quindi sono disponibili per i medici e i malati nuove cure, sviluppo che potrebbe influire su quanto disposto dal paziente e quindi rende necessario l’aggiornamento delle DAT. Siccome le nuove scoperte nel campo della medicina sono innumerevoli e conseguentemente detti aggiornamenti potrebbero essere frequenti. A questo fatto si aggiunge che la scala delle malattie è talmente ampia che non è possibile inserire tutte nelle DAT.

Ragionando in questo modo va dimenticato un aspetto delle DAT che, stranamente, non è mai osservato dei partecipanti durante le presentazioni. Le DAT obbligano le persone di pensare sul fine-vita che toccherà a tutti noi, normale per la società, traumatico per il paziente e per i suoi cari .

Quante volte mi è capitato quando tocco l’argomento fine-vita, di trovarmi di fronte un interlocutore che si chiude come un riccio e tenta di cambiare immediatamente argomento.

Vogliamo rompere questo tabù? Non vogliamo che l’uomo o la donna cominciano ragionare, non solo nella fase terminale di una malattia infausta senza prospettive, come vogliono affrontare questa fase della loro vita? Non vogliamo che questa fase è vissuta nel modo più serena possibile e rendere meno traumatico il decesso di un familiare o di un amico?

È vero che un individuo sano che redige le DAT non può prevedere né le malattie che dovrà affrontare né gli sviluppo della medicina, ma si può senza dubbio dedurre da quello che ha scritto il suo orientamento come continuare a vivere quando si ammala gravemente e come morire.

Sempre dalle mie esperienze ritengo fondamentale, nella stesura delle DAT, il supporto del medico di base o l’equipe di medici anche in relazione quanto ho scritto prima.

Solo un medico ha la conoscenza di guidare il paziente, il più obiettivo possibile, nella corretta e chiarissima stesura delle DAT. Non vuole dire che il medico decide cosa inserire e cosa no, ma compilandolo insieme, il suo paziente si rende conto delle conseguenze delle sue scelte. Eventualmente il medico sigla le DAT come “presa visione”. Chiudo con un consiglio: perché i medici non chiedono a loro pazienti se sentono il bisogno di compilare le DAT?

Purtroppo l’esperienza è che agli incontri, con lo scopo di spiegare ai cittadini il contenuto della legge 219, solo in casi eccezionali sono presenti i medici, peccato.

La legge non ha inserito l’obbligo di aggiornare periodicamente le DAT, si consiglia comunque di aggiornare periodicamente in base allo stato di saluto dell’individuo e/o al cambiamento delle sue idee come affrontare il fine-vita.

In conclusione mi auguro che i medici aiutano in futuro i loro pazienti di fornire il supporto, considerato tempo di cura, nella compilazione chiara delle DAT, evitando incertezze per tutti gli operatori che devono decidere sulle cure volute dal paziente in casi di emergenza.

Auspico inoltre che, pur riconoscendo la difficoltà nella compilazione delle DAT, come esposto precedentemente, si promuove la sua compilazione, anche se sarebbe soltanto utile per iniziare la discussione sul fine-vita senza fughe in avanti.

Johannes Agterberg, 29 ottobre 2018 – Aggiornato 8 settembre 2020

Prendo spunto dell’articolo apparso il mercoledì 5 agosto 2020 su Avvenire.it con il titolo: Olanda. Pubblicità choc: “Se vuoi morire rivolgiti a noi”. Titolo degna di un giornaletto scandalistico ma non me lo aspetto da Avvenire.

La giornalista ha sbagliato la traduzione dell’Associazione anziché “Volontario” ha scritto “Libera”. L’eutanasia in Olanda non è libera e non è un diritto. Per l’accoglimento di una richiesta esiste una rigida procedura e soltanto un terzo delle domande è accettato.

L’articolo descrive la campagna che ha iniziato l’Associazione Olandese per il Fine-vita Volontario (NVVE)sui media TV, giornali e cartelloni pubblicitari sul tema “Domande sul fine-vita? Noi ci siamo”.

Per il momento si tratta di tre spot televisivi di 30 secondi ciascuno con i seguenti titoli:

  1. Non abbiamo difficoltà con un argomento difficile;
  2. Non abbiamo tutte le risposte però puoi fare tutte le domande che vuoi:
  3. Noi siamo i primi che chiami sull’ultimo argomento al quale vuoi pensare.

Gli spot contengono un invito a contattare la NVVE per parlare sui dubbi, le ansie e le domande che ognuno può avere quando sente avvicinare il fine della sua vita. Negli spot non si fa nessun accenno alla possibilità di eutanasia o assistenza al suicidio.

Lo scopo delle conversazioni con gli interessati è fornire informazioni su tutti gli aspetti del fine-vita come per esempio: la compilazione della dichiarazione di volontà, il coinvolgimento della famiglia, le cure disponibili e i requisiti per chiedere l’eutanasia o l’assistenza al suicidio. Nei colloqui il consulente non effettua NESSUNA pressione sulle persone per quanto riguarda l’eutanasia, tesi confermata dal responsabile della campagna da me interpellato a proposito. Anzi: i consulenti insistono che l’eutanasia non è l’unica soluzione per lenire la loro sofferenza.

Perché la NVVE ha iniziato suddetta campagna? Nel giugno 2019 dell’anno scorso il Ministro della Sanità, il Benessere e lo Sport ha invitato i medici, sopra tutto quelli di famiglia a dedicare maggiore attenzione agli aspetti intorno al fine-vita, parlandone con i loro pazienti, soprattutto quelli vulnerabili e coinvolgendo anche i familiari. Empiricamente è accertata che la preparazione all’imminente decesso di un loro caro, accorcia il periodo di lutto e ne diminuisce la profondità.

A tale proposito il suo ministero ha iniziato una campagna pubblicitaria con il motto “Mi hanno detto che morirò, ma fino a quel momento vivo”. Il ministro ha dichiarato “La conversazione sul fine-vita è difficile, Non sembra appartenere alla nostra società Instagram. Ma è necessario che diamo alla morte l’importanza che merita, come parte della vita a tutti gli effetti”.

Tra partentesi: In Olanda si verificano ogni anno circa 150.000 decessi. Il ministro sottolinea che per 80% la morte non è inaspettata e che circa 120.000 malati ricevono adeguate cure palliative. Un sogno per i malati italiani.

La necessità di informare si è amplificata ulteriormente a causa della pandemia del COVID-19. Ripeto che parlare del fine-vita è un compito difficile e non tutti i medici sono preparati o capaci per trattare in modo adeguato l’argomento. A mio avviso la NVVE ha voluto venir incontro a questo problema, proponendosi come valido alternativo ai medici, mettendo a disposizione tutta l’esperienza che ha acquisito in 40 anni di attività.

Tornando all’articolo, la giornalista scrive della signora con i capelli grigi che “invita” di rivolgerti a loro se cerchi “qualcuno che posso assecondare e regolare il tuo desiderio di morire”. FALSO. La signora non fa altro che invitarti di parlare sul fine-vita. Nessun accenno a un desiderio di morire.

Lo stesso vale per la signora giovane con la sedia da regista che fa intendere che “devi avere in mano la regia della tua vita”. Perché una persona capace di intendere e volere non può decidere sui trattamenti proposti nel caso di malattia ed a essere informata adeguatamente sulle alternative in caso di sofferenze insopportabili?

Non è altro che la stessa regia o l’autodeterminazione prevista in Italia dalla legge 219/17?

Quando la giornalista parla del “termine del lockdown che per loro ha significato la sospensione dell’accoglimento delle richieste di eutanasia” mostra chiaramente la mancanza di conoscenza della situazione. Non specifica meglio “loro”. La NVVE non ne appartiene perché è un’associazione che promuove si una morte dignitosa ma non accoglie richieste di eutanasia. I medici di famiglia no, perché hanno continuato ad applicare l’eutanasia. Tra parentesi detti medici accolgano 83% delle relative richieste. Contattando la Commissione Controllo Eutanasia mi ha informato che il numero di segnalazioni è in linea a quello dell’anno scorso. Soltanto il centro Esperienza Eutanasia ha sospeso temporaneamente cioè dal 17 marzo al 13 maggio 2020 l’accoglimento delle richieste per permettere ai medici che collaborano con detto centro, di aiutare i loro colleghi durante l’emergenza COVID-19.

La lezione online organizzate dall’NVVE che dura un’ora, ha per obiettivo principale tutti gli aspetti da considerare quando si compila la dichiarazione di volontà (il bio-testamento) e l’importanza di un aggiornamento nel caso che si verificasse un cambiamento nella condizione di salute, originariamente non prevista in detta dichiarazione. Quindi nessuna “triste attività assistenziale” ma informare i cittadini in modo adeguato come prepararsi alla fine della loro vita.

La tristezza che ho sentito in Italia quando ho notato che durante le mie presentazioni della legge 219/127 (le disposizioni anticipate di trattamento e il consenso informato) la mancanza dei medici di famiglia. Ma dove sono (ho pensato) loro, i medici che dovrebbero essere il punto di riferimento per i loro pazienti, assistendoli nella compilazione delle DAT e assisterli alla preparazione della morte.

Ho concluso che non sono capaci né preparati, non solo per colpa loro, ad affrontare con il paziente una conversazione sul tema del fine-vita, vita che non è eterna e il suo fine toccherà a tutti.

Il giornalista osserva che girano su YouTube altri video promozionali decisamente crudeli. Un giornalista professionale avrebbe indicato le fonti originarie di tali video. Facendo così divulga soltanto notizie tendenziosi. Infatti, il responsabile della comunicazione dell’NVVE mi ha informato che tali video non sono MAI pubblicati dalla sua organizzazione.

Concludo con l’augurio che il Ministro Speranza imita il suo collega olandese, adottando il motto: Il nuovo “normale” è semplicemente poter parlare del fine-vita.

Johannes Agterberg             12 agosto 2020

Rivista Olandese di Medicina

Eutanasia nei Paesi Bassi: un pendio scivoloso?

Autore Bert Keizer – 25 giugno 2020

Sì, è spaventoso e scomodo. E questa è una buona cosa, dice Bert Keizer, medico presso il Centro Esperienza Eutanasia. Perché porre fine attivamente a una vita non dovrebbe mai diventare un lavoro di routine. Nel frattempo, è molto bello le possibilità esistente nei Paesi Bassi per quanto riguarda il fine-vita volontario.

 SOMMARIO

I medici temono l’eutanasia per una buona ragione: si tratta di porre fine deliberatamente a una vita umana. Tuttavia, molti medici olandesi negli ultimi decenni si sono dimostrati disponibili a soddisfare una richiesta di interruzione volontaria della vita. Una delle cause di tale richiesta risiede negli sforzi diagnostici a volte persistiti per troppo tempo, risultando in trattamenti meno utili. La preoccupazione per un possibile pendio scivoloso è comprensibile. Dopo i malati terminali, i malati cronici, i malati psichiatrici, le persone in diversi stadi di demenza, gli anziani con un accumulo di affezioni e ora anche gli anziani senza problemi gravi di salute. La conversazione su questo non si concluderà mai, ma ora è stato raggiunto qualcosa di unico: per la prima volta nella storia, è diventato possibile lasciare intenzionalmente la vita, quando è diventata insopportabile, conversando con le persone più care.

Ogni medico si ricorda la sua prima eutanasia. Questo vale anche per la prima infusione riuscita o per la prima diagnosi corretta. Ma quella prima eutanasia ti tocca più a fondo. Perché riguarda la morte. Questa volta non come un visitatore sgradito, ma come un ospite che hai fatto entrare intenzionalmente. C’è un’angoscia specifica intorno all’eutanasia e questa deriva dal fatto che dopo non si può mai chiedere se questo è ciò che l’uomo o la donna in questione volevano veramente. Coloro che praticano l’eutanasia sono improvvisamente molto vicini all’irreversibilità della morte. La situazione è diversa con un’infusione che non funziona o una diagnosi errata. Finora parliamo troppo poco della nostra paura per l’eutanasia.

Alla domanda sul perché l’applichiamo all’occorrenza non è così facile rispondere. Parte della risposta sta nella consapevolezza che la medicina curativa a volte può fare poco. Alla fine del secolo scorso, c’era una crescente consapevolezza che i medici a volte causano anche molti problemi a causa della loro ossessione per la diagnostica e che si aggrappano in modo superstizioso a opzioni curative sottilissime. Non era raro che abusassero di persone malate terminali, provocando sofferenze da incubo. Vista in questo modo la possibilità di palliazione e successiva eutanasia è un processo di emancipazione. La medicina si sveglia e vede quello che a volte ha causato.

LA STORIA

Per quanto riguarda l’applicazione dell’eutanasia, il periodo fino al 1973 può essere chiamato gli anni del nascondere. Il 1973 fu l’anno in cui il medico generico della Frisia Truus Postma fu condannato a una settimana di prigione con sospensione della pena per aver concesso l’eutanasia alla sua anziana madre. Questa è stata la ragione per la fondazione dell’Associazione Olandese per il Fine-vita Volontario (NVVE). Il tutto non era molto “elegante” in quei primi anni. Niente era stato segnalato e niente era stato registrato su carta, nessun collega indipendente è stato chiamato per un consulto e nulla è stato controllato in seguito. Tutto è avvenuto per intuizione di quell’unico dottore e ha portato inevitabilmente a un pasticcio. Consideri in questo contesto anche l’applicazione tecnica. Alcuni pazienti hanno aspettato invano per giorni la morte dopo una dose sbagliata. Altri sono stati trattati in modo troppo deciso nel porre fine alla loro vita. In quelle circostanze, il lavoro imprudente, secondo i requisiti di accuratezza su cui ora ci siamo accordati, era in realtà inevitabile.

Poi vennero gli anni in cui l’eutanasia era segretamente possibile, ma ufficialmente non permesso. Un’atmosfera discutibile si è creata intorno alla morte autoscelta: “insieme osiamo fare qualcosa di molto speciale”. Il fatto che dovresti segnalare, è stato vissuto come una profanazione di un evento intimo.

Poi sono arrivati ​​gli anni della tolleranza, in cui un medico poteva denunciare l’eutanasia senza invocare una minaccia su sé stesso (seguendo i criteri di accuratezza indicati nelle sentenze di tribunali e della Corte Suprema degli anni Ottanta – JA). E come fase finale, nel 2002, la legge sul controllo dell’interruzione della vita su richiesta e del suicidio assistito.

Questa legge ha creato spazio per applicare l’eutanasia a tutti gli effetti. Ai morenti è stato dato la possibilità di considerare come dovrebbe essere la loro fine della vita e soprattutto chi potrebbe essere presente. I medici non dovevano più agire nell’angoscia del proprio giudizio, ma avevano il supporto e la motivazione del medico SCEN (Supporto e Consulto Eutanasia Paesi Bassi -JA). Anche l’applicazione tecnica è diventata un punto di attenzione esplicito. Infine, era previsto la verifica (dell’operato del medico- JA) da parte di una Commissione di Controllo Eutanasia, e, ma molto dietro, del giudice. Quel giudice di recente si è rivelato non essere solo una possibilità teorica. Nel 2016, il collega A. ha concesso l’eutanasia a una donna demente, intanto, incapace di intendere e volere, sulla base di una dichiarazione di volontà. Sono seguiti diversi procedimenti disciplinari e legali. Nell’aprile 2020, ciò ha portato a una sentenza della Corte Suprema, che sarà discussa più avanti in questo articolo.

IL PENDIO SCIVOLOSO

All’inizio del secolo, accadde ciò che i nostri colleghi britannici avevano predetto anni prima con palese compiacenza: chi si imbarca nell’eutanasia si avventura su un pendio scivoloso lungo il quale scivola irrevocabilmente fino all’uccisione casuale di malati indifesi.

È troppo facile liquidare la frase “pendenza scivolosa” come retorica a buon mercato. Trasmette anche una reale preoccupazione per ciò che stiamo facendo. Qui ci imbattiamo in un aspetto importante dell’azione umana ai margini di quella che potreste chiamare la società etica. Con ogni confine che ci poniamo, c’è la possibilità di attraversarlo. Ciò vale anche per le aree periferiche della condotta etica. L’aborto una volta era vietato, poi a malapena, poi fino a 12 settimane e ora anche fino a 20 settimane. Quel “anche” dice tutto. Qualcosa di simile sta accadendo ora nel campo della ricerca sugli embrioni umani, dove stiamo iniziando a lasciare la fase del “mai”.

E così è stato con l’eutanasia. Ogni volta che veniva tracciata una linea, veniva spostata di nuovo. Abbiamo iniziato con i malati terminali, ma anche tra i malati cronici si è accertato che c’era una sofferenza senza speranza e insopportabile. Successivamente, persone con demenza in stato iniziale, pazienti psichiatrici, persone con demenza avanzata, persone (molto) anziane che hanno lottato con un accumulo di disturbi della vecchiaia e infine persone (molto) anziane che, pur non soffrendo di una malattia invalidante o limitante, continuano a considerare che la loro vita non ha più contenuto. Il malaugurato termine “vita compiuta” è stato utilizzato per il problema di quest’ultimo gruppo. Questo numero (della rivista – JA) discute i pazienti di ciascuna di queste categorie.

Ciò comporta sempre problematiche uniche. Ad esempio, per una malattia psichiatrica è difficile distinguere un desiderio di morte morboso e non morboso. Inoltre, un termine come “esauriti i trattamenti”” è difficile applicare in modo univoco per i malati psichiatrici.

Con la demenza, c’è il problema del tempismo. Una persona con demenza che aspetta troppo a lungo può essere mentalmente incapace di avere l’eutanasia. Ma le persone devono lasciare la vita quando sono ancora abbastanza in gamba?

Quando si tratta della questione se un accumulo di disturbi della vecchiaia renda la vita insopportabile, i pazienti dipendono molto dal giudizio del proprio medico. Alcuni medici “accumulano” più facilmente di altri. E qui ci imbattiamo in un aspetto delicato della pratica dell’eutanasia: inevitabilmente è coinvolta un certo arbitrio. La stessa situazione può facilmente essere motivo di eutanasia in città A, mentre in città B nessun medico vuole assecondarla.

Questo arbitrio si è rivelato estremamente acuto per quanto riguarda i problemi delle persone con demenza avanzata che a volte soffrono insopportabilmente e senza speranza. La dichiarazione di volontà ha fornito una soluzione. Dopo tutto, la legge afferma che la dichiarazione di volontà possa sostituire una richiesta orale. Quindi le persone che hanno scritta, quando erano ancora capaci, di volere l’eutanasia quando sono così malmesse da non poterla più chiedere, dovrebbero vedere accolta la loro richiesta.

I medici si sono resi conto che avrebbero dovuto applicare l’eutanasia alle persone che non si rendevano più conto di ciò che stava accadendo loro. Erano già noti casi in cui pazienti incapaci mentalmente avevano ricevuto la loro eutanasia sulla base di tale dichiarazione. Sono state fatte proteste contro questa possibilità. Il Pubblico Ministero ha deciso che dovrebbe esserci chiarezza su questo punto. Il collega A. ha concesso l’eutanasia a una donna demente incapace ed è stato interrogato in merito dalla Commissione Controllo Eutanasia, dal Collegio Disciplinare regionale e centrale e infine dal Tribunale dell’Aia. Quest’ultimo ha approvato il suo operato. Tale sentenza è stata confermata dalla Corte Suprema il 21 aprile 2020. Chi si oppone dirà: questo permette l’uccisione di malati indifesi. E l’altra parte sente: c’è la possibilità di evitare sofferenze insopportabili nella demenza avanzata senza dover lasciare la vita in anticipo forzatamente.

In retrospettiva, è vero che ora accogliamo le richieste di eutanasia di persone alle quali avevamo detto, un po’ ‘indignati, 20 anni fa: “ Dai, è davvero impossibile’ ‘. E guardando al futuro, non c’è motivo di credere che questo processo. di interrompere la vita in caso di demenza avanzata, si fermerà. E il detenuto che è condannato all’ergastolo e desidera disperatamente la morte? O bambini doppiamente handicappati che, sebbene istituzionalizzati, soffrono in modo insopportabile e senza speranza. secondo i loro genitori, a causa di autolesionismo? Non credo che siamo su un pendio scivoloso, nel senso che ci stiamo dirigendo verso il disastro. Piuttosto, c’è un cambiamento che non è catastrofico, ma richiede che continuiamo a essere coinvolti come società civile.

IL CENTRO DI FINE-VITA

Quanto all’arbitrarietà, qualsiasi medico può rifiutarsi di accogliere una richiesta di eutanasia, senza spiegazioni. Commettere l’eutanasia non è un atto medico ordinario, motivo per cui i medici non possono essere tenuti a collaborare. Sfortunatamente, i medici spesso rifiutano una richiesta per motivi ingiusti, come: l’enorme burocrazia (che in pratica non è così onerosa); la minaccia della Commissione di Controllo Eutanasia (controllano, non puniscono); la minaccia della giustizia (corretta, ma poiché c’è una legge, osiamo farlo); un’interpretazione troppo ristretta dei requisiti di accuratezza. Non ci sono medici che rifiutano una richiesta di eutanasia con un “non oso”, anche se in molti casi questa è la risposta onesta.

Per quanto riguarda il timore della Commissione di Controllo Eutanasia – e dietro di esso del giudice – è bene tenere presente che negli ultimi 40 anni nessun medico nei Paesi Bassi ha trascorso nemmeno un minuto in prigione in seguito ad una denuncia. Indipendentemente da ciò, molti pazienti non hanno visto accolto la loro richiesta a causa di questa paura. Per venir incontro a questa esigenza, la NVVE ha istituito il Centro di Fine-vita nel 2012. Questa organizzazione, chiamata Centro Esperienza Euthanasia dal 2019, impiega 70 team composti da un medico e un infermiere. In totale, ha accolto circa 600 richieste di eutanasia all’anno.

L’iniziativa è stata inizialmente accolta con qualche cipiglio da più parti. L’eutanasia era considerata un atto un po’ ‘sacro, che i medici dovevano eseguire solo in casi eccezionali. Una affermazione spesso sentita è stata: l’eutanasia non dovrebbe diventare la norma.

Tuttavia, è ben noto che la quantità implica un aspetto di qualità per interventi medici complessi. E non solo con la chirurgia esofagea. Nel frattempo, i medici che lavorano presso il Centro Esperienza Eutanasia hanno acquisito una notevole esperienza attraverso l’intervisione intensiva, interrogativi reciproci di routine e monitoraggio reciproco. Mettono esplicitamente questa esperienza a disposizione dei colleghi che hanno domande sull’applicazione dell’eutanasia.

Da un lato, il Centro Esperienza Euthanasia ha fallito. L’idea era che si sarebbe rapidamente reso inutile. Non è così che è successo. Al contrario, la domanda continua ad aumentare, tanto che qua e là si suggerisce di sviluppare una specializzazione in eutanasia. Non è una cattiva idea di per sé, se si presume che le nuove categorie che si presentano causino crescente incertezza e riluttanza tra i medici. La discussione su questo è appena iniziata.

ALLA FINE

Il fatto che il medico non sia più un ostacolo alla morte, ma che a volte lo inviti addirittura, è uno sviluppo molto speciale all’interno della nostra professione. Sarà sempre accompagnato da discussione, disagio, paura e incertezza. Questa incertezza, in particolare, resta il segno distintivo di un problema etico; non è segno che siamo su un pendio scivoloso. Nel frattempo, è qualcosa di unico che abbiamo sviluppato qui: la possibilità di lasciare la vita volontariamente, se è diventata troppo per te, conversando con i tuoi cari.

Traduzione Johannes Agterberg

La libertà di espressione e di stampa è una licenza per raccontare frottole?

I giornalisti parlano tanto della libertà di stampa che è una giusta causa. Purtroppo, ci sono giornalisti che interpretano detta libertà come l’alibi di raccontare bugie, mezzo verità, informazione manipolata, tendenziosa o incompleta e affermazioni senza indicare la fonte oltre, in alcune occasioni, a mostrare un’ignoranza incredibile sui temi dei pezzi da loro scritti.

Parliamo dei fatti.

Oggetto del mio articolo sono gli articoli pubblicati su L’Occidente e Il Foglio, che riguardavano la sentenza della Corte Suprema olandese per un caso dell’interruzione volontaria del di una donna di 74 anni nello stato di demenza avanzata, che è deceduta in seguito all’applicazione dell’eutanasia. Il medico era stato condannato dal Tribunale ordinario per omicidio, sentenza poi annullata dalla Corte di Cassazione. Mentre il Pubblico Ministero non ha appellato la decisione di detta Corte, il Procuratore Generale della Corte Suprema invece ha presentato ricorso in cassazione contro la sentenza di Cassazione nell’interesse della legge, in questa circostanza La legge del 12 aprile 2001 sul controllo dell’interruzione della vita su richiesta e del suicidio assistito (in seguito: la Legge). Secondo la sentenza (informazione che manca nei due articoli che smantello in seguito): “La paziente sapeva meglio di chiunque cosa l’avrebbe aspettata, dato che non solo sua madre ma anche i suoi fratelli erano stati colpito da Altzheimer”, e ancora “la clausola di demenza (descritto nella richiesta di eutanasia del 2012 e modificata nel 2015 – JA)  non era ambigua per quanto riguarda il desiderio di eutanasia nel caso di un ricovero in una casa di cura a causa della demenza avanzata”.

L’Occidente – Articolo del titolo “In Olanda il “piano inclinato” non si ferma: via libera all’eutanasia per demenza senile” di Veronica Mameli – pubblicato il 27 aprile 2020

Già nella seconda riga scrive “ma non rinnovato” sarebbe stato corretto aggiungere “a causa della demenza avanzata che impediva alla paziente di comunicare”. Il lettore potrebbe pensare che dopo la stesura della richiesta di eutanasia nel 2012 la richiesta non sarebbe ripetuto. Non è vero come risulta dalla sentenza della Corte Suprema del 21 aprile 2020 (la sentenza). “Ciò deriva dalla dichiarazione del medico di famiglia, che ha discusso con la paziente la richiesta di eutanasia e la clausola di demenza in presenza del marito, riconfermando la paziente poi ripetutamente verbalmente il suo desiderio”. E ancora “Il marito e la figlia, con i quali la paziente discuteva sovente del suo desiderio, confermavano altrettanto che le sue richieste esprimevano espressamente e persistentemente detto desiderio (di eutanasia JA). Poi la Mameli scrive “nonostante l’opposizione dei suoi familiari”. Non c’è nessun accenno nella sentenza che i familiari sarebbero stati contrari all’eutanasia né hanno denunciato il medico. Sono stati coinvolti continuamente durante il progredire della malattia, come risulta da quanto scritto nella sentenza. Siccome la paziente era molto agitata, il medico ha somministrato un tranquillante, dopo che si era convinto che l’agitazione non era da interpretare come segno di rifiuto dell’eutanasia.

Come previsto dai requisiti di accuratezza il medico nella valutazione di una richiesta di eutanasia deve escludere qualsiasi opinione dei familiari o da terzi.

Sempre nell’articolo è scritto che “se il consenso non può essere rinnovato da parte della paziente e quindi anche se la volontà al riguarda potrebbe essere mutata”. Al paragrafo 4.4.4. la Corte cita che Certo è che la paziente non ha mai revocato la richiesta di eutanasia e la clausola di demenza del 2012 e la richiesta modificata del 2015. L’unica possibilità sarebbe quindi che la volontà della paziente sarebbe mutata quando la demenza era avanzata e non era più capace di intendere e volere, mi sembra una affermazione illogica.

Scrive “si allargano le maglie dell’applicazione dell’eutanasia”. Non capisco cosa intende la Mameli. Leggendo la sentenza, la Corte Suprema stabilisce che soltanto nella presenza di una richiesta di eutanasia trasparente come il vetro e inequivoca, il medico può accogliere una richiesta di eutanasia per pazienti incapaci. La Corte conferma quanto stabilito nelle linee guida per i medici, che, nei casi complessi, i medici indipendenti di consultare sono due e non è uno.

A me pare che la Corte dia un’interpretazione della Legge proprio per evitare il rischio del pendio scivoloso, quindi restringendo le maglie.

Non deve mancare l’accenno al capitolo 4, paragrafo 4 “Pazienti con demenza” del Codice Eutanasia 2018, emesso dalla Commissione Controllo Eutanasia con l’avallo dall’Ordine Olandese dei Medici. Il Codice è la linea guida per medici e altri collaboratori sanitari coinvolti nell’applicazione dell’eutanasia. “Si deve trattare di un paziente, che prima di entrare nella fase della demenza avanzata, deve soffrire insopportabilmente delle conseguenze della degenerazione delle capacità cognitiva e delle capacità motoria ma anche della paura per un ulteriore peggioramento della situazione come la perdita di dignità. Il medico deve includere nelle sue considerazioni l’intero processo della malattia e tutte le altre circostanze specifiche..”

Passiamo all’ultima frase (a effetto). Si riferisce al principio “del favor vitae, cardine di ogni civiltà”. Quindi un paese non è civile quando ha il coraggio di legiferare la libertà di ogni cittadino di terminare la vita devastata da sofferenze intollerabili e senza la minima possibilità di guarigione. E’  civile un paese dove 93% è al favore o non contrario all’eutanasia, mentre il Parlamento fa l’orecchio del mercante?

Continuo l’analisi dell’articolo apparso sul Foglio il 27 aprile 2020 del titolo “Contagio da eutanasia – l’Olanda impartisce la morte ai malati senza consenso rinnovato. Parla Theo Boer “E’ una catastrofe”.

Autore Giulio Meotti

Già il titolo fa inorridire perché è una chiara dimostrazione dell’ignoranza del giornalista. Cominciamo con la parola impartire: assegnare in particolare in contesti formali, didattici, gerarchici, liturgici (dizionario Garzanti). In Olanda nessuno impartisce a un paziente l’eutanasia. Soltanto un malato che soffre insopportabilmente può chiedere l’eutanasia o l’assistenza al suicidio.

Prosegue con “la morte di malati senza consenso rinnovato” omettendo probabilmente volutamente, che si trattava di una donna malata di demenza avanzata, non più in grado di comunicare. A tale proposito rimanda al mio commento del primo articolo. Scrivendo così l’autore vuol fare intendere che in Olanda si ammazzano i dementi. Vergogna.

L’autore ha interpellato l’etico Theo Boer. Chi è il professore Boer? È un protestante riformista e meglio ortodosso che era membro di una delle Commissioni Regionali Controllo Eutanasia dal 2005 al 2014. Era in quel periodo a favore dell’eutanasia in casi di “emergenza” In 2014 cambiava radicalmente opinione per quanto riguarda l’eutanasia considerandolo non appropriata. Può capitare. Strano invece è la coincidenza con la sua nomina all’Istituto Lindeboom come professore in “Etica nella Sanità”, istituto che dipende dalla Università Teologica di Kampen. Mentre detta Università è una istituzione protestante riformista non contrario all’eutanasia in casi di emergenza, l’Istituto Lindeboom sembra contraria. L’istituto è stato costituito da alcune istituzioni olandesi protestanti riformisti e collabora con l’Università Evangelica Olandese che studia la scienza da una prospettiva biblica creazionista.

L’Istituto Lindeboom promuove “una sana etica medica biblica”. Per capire il significato bisogna visitare il sito web che indica il compito del Consiglio: “La protezione delle persone in ogni fase della vita”.

Gli sponsor sono tra altro l’Assicurazione Sanitaria Pro Vita e la Fondazione per la Filosofia Cristiana che sono fortemente contrarie all’eutanasia.

Chiedere quindi a professor Boer la sua opinione sull’eutanasia di persone profondamente dementi e come chiedere a cardinale Ruini (con tutto il rispetto per lui) se è a favore dell’aborto.

Aggiungo, conoscendo come nessun altro in Italia la tematica del fine-vita in Olanda e avendo contatti diretti con gli esponenti più autorevoli, informo l’autore del pezzo che Boer è una figura di secondo piano nella discussione sui temi di fine-vita. Al posto suo avrei interpellato il Dott. Jacob Kohnstamm, Presidente della Commissione Controllo Eutanasia (in seguito la Commissione).

Comunque, è chiaro che all’autore non gioiva di avere un’opinione da un esponente autorevole olandese, avrebbe capito che sarebbe meglio star zitto anziché scrivere frottole come spiegherò in seguito.

Nella seconda riga dopo “quando riterrò opportuno il momento giusto” l’autore omette di indicare la ragione più importante della richiesta di eutanasia cioè “la clausola di demenza (descritto nella richiesta di eutanasia di 2012 e modificata nel 2015 – JA) non era ambigua per quanto riguarda il desiderio di eutanasia nel caso di un ricovero in una casa di cura a causa della demenza avanzata”.

Per quanto riguarda la reazione della paziente durante l’applicazione dell’eutanasia, la sentenza al paragrafo 5 dice “Durante l’applicazione dell’eutanasia, il medico dovrà prendere in considerazione eventuali comportamenti irrazionali o imprevedibili della paziente. Questo può essere il motivo per dare al paziente il farmaco per evitare detta situazione.”.

Che la paziente “forse ci ha ripensato” è inverosimile perché durante tutta la fase della demenza avanzata non c’è stata nessuna espressione o comportamento dalla paziente che potrebbe indicare che lei non desiderava più l’eutanasia.

Per quanto riguarda il consenso rinnovato di una paziente non più in grado di comunicare rimando al mio commento dell’articolo apparso su L’Occidente. Chiedo all’autore: come fa esprimere la paziente il consenso quando non è più capace di comunicare e come fa verificare i desideri a tal momento? Siamo realisti e consideri il fatto che il medico di famiglia ha seguito la paziente per anni durante la progressione della malattia e davanti a lui la paziente si è espressa ripetutamente sulle circostanze in cui desiderava morire. 

Vorrei osservare che l’autore confonde il lettore quando parlo “di un paziente psichiatrico”, non di una paziente demente.

Il manifesto conteneva l’opinione di una minoranza di medici, che hanno espresso la loro opinione ma non à LA opinione vigente in Olanda sia dei medici, degli psichiatri e dell’opinione pubblica (secondo un sondaggio del novembre 2019 effettuato dall’Ufficio Centrale di Statistica – CBS – 80%! dei cittadini è a favore). Tra parentesi gli obiettori di coscienza per motivi ideologici o religiosi non superano il 10% circa. Come risulta dalla mia analisi dei singoli giudizi consultabili sul sito della Commissione, i medici sono molto prudenti nell’applicare l’eutanasia di malati psichiatrici e dementi visto la complessità per accertare l’insopportabilità della sofferenza pur riconoscendo che possono soffrire le pene dell’inferno come i malati somatici.

La Fondazione per la Protezione dei Pazienti è ideologicamente contraria alla eutanasia. La dichiarazione che è in atto in Olanda “un processo di assuefazione” è parziale e contradetta dei fatti.

Dai rapporti annuali della Commissione risulta che i casi di eutanasia per demenza sono stati nel 2015: 109 (2,0% su 5.516 casi). il dato su casi di demenza avanzata non è disponibile, nel 2016: 141 (2,3% su 6.091 casi) di cui 2 per demenza avanzata, nel 2017: 169 (2,5% su 6.585 casi) di cui 3 per demenza avanzata, nel 2018: 146 (2,4% su 6.126 casi) di cui 2 per demenza avanzata e nel 2019: 162 (2,7% su 6.361 casi) di cui 2 per demenza avanzata. Un andamento abbastanza regolare e nessuna indicazione di un\ “slippery slope”.

Per completare segue l’informazione sui malati psichiatrici deceduti in seguito all’applicazione dell’eutanasia. Nel 2015: 56 casi (1%), nel 2016: 60 (1%), nel 2017: 83 (1,3%), nel 2018: 67 (1,1%) e nel 2019: 68 (1,1%).

Il giornalista scrive che “negli ultimi cinque anni, si è giunti al quadruplo del numero di decessi attraverso tale pratico nei pazienti con problemi di salute mentale”. Riferendomi ai dati sopra indicati i casi nel 2019 avrebbero dovuto essere circa 660 (4 volte 165), in realtà sono stati 230. Un’altra prova della superficialità, per usare un eufemismo, dell’autore.

Sul curriculum del professor Boer, che “insegna a Groningen”, a quale università, a quale facoltà?, (lo dico io: non risulta che insegna a Groningen!), ho già scritto prima. Lui sostiene che sarà “un catastrofe”. Significa da 2 casi all’anno si passa a 4 o a 40 o a 400? I miei fonti autorevoli non credono che ci sarà un incremento sostanziale visto la complessità dei casi e la prudenza di medici e degli psichiatri accogliere una richiesta di eutanasia di un paziente in una condizione di demenza avanzata. Dice anche che “è disumano assumersi la responsabilità di decidere della vita di qualcun altro”. La paziente ha deciso autonomamente e volontariamente porre fine alla sua vita quando certe situazioni, preventivamente da lei descritte chiaramente nella sua richiesta, si verificassero. La responsabilità del medico è solo onorare la richiesta quando possibile legalmente.

“Spesso sono i parenti che iniziano la procedura di eutanasia ….. “. Qual è il numero? Quale è la fonte? Insomma, questa affermazione è falsa. Mi spiego. L’articolo 2, paragrafo1, comma a. della Legge stabilisce che il medico abbia avuto la piena convinzione che si trattava di una richiesta spontanea e ben ponderata dal paziente. Sia la Commissione e il Pubblico Ministero lo considerano come un requisito di accuratezza sostanziale. Quando questo requisito, perché la paziente ha fatto la richiesta sotto pressione dei familiari o terzi, è stato violato, il medico sarà perseguito penalmente quando ha applicato l’eutanasia lo stesso. I medici sono quindi molte prudenti prima di accogliere una richiesta di eutanasia. Infatti, in quasi 20 anni dopo l’introduzione della Legge nessun medico è stato condannato per aver violato detto requisito, come nessun familiare o terzo ha denunciato un medico per lo stesso motivo.

Boer sostiene che “ci vedremo così centinaia di nuovi casi; e nei prossimi anni anche per i pazienti vicini nelle case di cura, come in una sorta di “contagio” di emulazione.”. Come già detto prima non si prevede nessun incremento sostanziale dei casi di eutanasia di pazienti mentali. L’accenno agli ospiti nelle case di cura è una vergognosa insinuazione e un offeso allo Stato olandese. Mi sembra che quel uomo ormai è fuori di testa e è scandaloso che un giornalista lo riproduce gratuitamente.

Non capisco cosa il protocollo di Groningen ha da fare con la sentenza della Corte Suprema. Forse perché l’autore vuol far capire ai suoi elettori come sono cattivi gli olandesi che ammazzano anche i bambini. Il protocollo di Groningen non riguarda bambini ma neonati (piccolo dettaglio!), con malattie gravissime, con prognosi infauste e quando supereranno il primo anno avranno comunque una vita piena di sofferenze terribili. I casi di eutanasia sono rarissimi, nessuno nel 2018.

Un altro dettaglio, questi casi sono regolati da una legge speciale e include il controllo della corretta applicazione dei requisiti di accuratezza da una commissione che non ha alcuna relazione con la Commissione Controllo Eutanasia.

Per chiarire la duo-eutanasia. Nel 2019 17 coppie hanno ricevuto l’eutanasia. Ogni paziente ha fatto la richiesta di eutanasia e ogni richiesta è stata valutata indipendentemente l’una dall’altra. Per ogni coniuge o compagna/o sono stati rispettati i criteri di accuratezza.

I disabili in Olanda sono meglio curati che in Italia. Punto. Un disabile che soffre insopportabilmente, senza prospettive se non una continua degenerazione, per esempio a causa della SLA, può chiedere eutanasia come qualsiasi malato. L’insinuazione dell’autore non sta in terra né in cielo.

L’informazione sul Covid-19 è tendenziosa e non si capisce la relazione con la sentenza della Corte Suprema. Anch’io ho letto il giornale Trouw, ma non solo, ho chiesto conferma della situazione olandese ad alcuni medici. L’esito del mio sondaggio è che la situazione in Olanda per quanto riguarda gli anziani nelle case di cura era decisamente migliore di quella italiana.

Aggiungo un altro punto. Le cure palliative e le cure del dolore sono accessibili in Olanda a tutti i cittadini ed è tra i migliori del mondo. Non come in Italia dove questo accesso è garantito solo per una minoranza e per chi ha i soldi per pagarli privatamente.  Indubbiamente le buone cure palliative contribuiscono a un numero minore di richieste di eutanasia.

Il problema dei giornali con un orientamento cattolico-conservatore o estremista è che di riffa e di raffa tirano in ballo il famoso piano inclinato. Dai dati olandesi ciò non risulta assolutamente nonostante che persone come il professore Boer sostengono che Olanda si sta affacciando direttamente sul precipizio”, senza però entrare nei dettagli con dati alla mano. Il punto è cattolici conservatori si stanno accorgendo che è in atto uno sviluppo mondiale inarrestabile di legiferare l’eutanasia e/o l’assistenza medica al suicidio. Spagna, Portogallo, Nuova Zelanda, Italia, Australia, le proposte di legge in 26 stati dell’US e i recenti sviluppi in Germania insegnano.

Johannes Agterberg, 4 maggio 2020

Fonti:

  • Johannes Agterberg: Libertà di decidere – fine-vita volontario in Olanda. Edito nel 2017 da New Press S.r.l., Cermenate.
  • Johannes Agterberg: Fine-vita volontario in Olanda – per chi ne vuole sapere di più. Edito nel 2019 da New Press S.r.l., Cermenate.
  • Sentenza Corte Suprema 19/04910 del 21 aprile 2020. *)
  • Commissione Controllo Eutanasia: Rapporti annuali 2016, 2017, 2018 e 2019
  • Zon Mw: Valutazione tematica della Legge – Incapacità di intendere e volere e la rappresentanza. l’Aja agosto 2011. *)
  • Zon Mw: Terza valutazione Legge controllo dell’interruzione della vita su richiesta e l’assistenza al suicidio. L’Aja maggio 2017. *)
  • Dying for Choice: Theo Boer’s extraordinary smoke and mirrors. 1° aprile 2019. **)
  • College dei Procuratori-generale: Circolare del 17 maggio 2017 ai pubblici-ministero con oggetto la decisione per il procedimento penale per quanto riguarda la interruzione attiva della vita su richiesta (eutanasia e assistenza al suicidio). *)<<
  • Lza/lp Rapporto 2018 Commissione di Controllo aborto tardivo e interruzione della vita di neonati. L’Aja luglio 2019. *)
  • KNMG (Ordine dei Medici Olandesi) Linee Guida per la richiesta di Eutanasia, Utrecht 2015.

*)         In lingua olandese. I rapporti della Commissione Controllo Eutanasia sono disponibili anche in lingua tedesca, inglese e francese.

**)       In lingua inglese.

Mercoledì 3 aprile 2019 è stato arrestato Angel Hernandez, che ha assistito la moglie, Maria José Carrasco per porre fine alle sue sofferenze insopportabili, facendola ingerire una sostanza letale. Si tratta quindi di un caso di suicidio assistito. La moglie soffriva di SLA da più di trent’anni e ha chiesto in più occasioni, tramite le media tra altro con due videoregistrazioni, la legislazione del VAD.
Dopo il decesso Angel ha chiamato la polizia informandola dell’accaduto. Quando la polizia ha accertato che il decesso è avvenuto con l’intervento del marito, è stato arrestato ma dopo una notte in prigione è stato rilasciato.
Secondo il Codice Penale spagnolo Angel può essere condannato a una pena tra due a dieci anni che potrà essere ridotta perché la moglie che ha chiesto espressamente di morire soffrendo di una malattia grave.
Nel caso che il giudice lo accusasse di omicidio, potrà essere condannato a una pena tra sei e dieci anni che si ridurrebbero di uno o più gradi quando “la vittima soffre di un’infermità grave che la porterà necessariamente alla morte o che causa gravi sofferenze permanenti e difficili da sopportare”.

Vari governi hanno presentato proposte di legge per legalizzare il VAD, L’ultima volta è stata in ottobre 2018. A favore hanno votato il Partito Socialista (PSEO) e Unidos-Podemos, contrari il Partito Popolare (cattolico conservatore) e Ciudadamos.
Secondo premier Sanchez ben 19 volte sono state bloccate la discussione o la votazione di dette proposte.
La strategia politica attuale è di far approvare una legge che consente il suicidio assistito e in una seconda fase l’eutanasia. Il segretario del PSOE, Sanchez, ha confermato che una tale proposta sarà inserita nel programma elettorale in vista delle elezioni politiche di fine aprile p.v.
La popolazione spagnola è fortemente a favore della legislazione del VAD, Secondo un sondaggio dell’IPSOS effettuato nel 2018 85% (!) è favorevole, nel 2009 era 74% (fonte CIS).
L’Asociacion Derecho a Morir Dignamente (DMD), l’associazione spagnola che si batte per la legislazione del VAD, stima che nel caso di una legalizzazione del VAD tra 4000 e 20.000 persone potrebbe chiedere il fine-vita volontario.

Il Tribunale nella provincia di Zhejiang ha condannato tre membri di una famiglia per avere commesso un omicidio, avvelenando la signora Weng. La signora soffriva di una malattia autoimmune e aveva chiesto al genero di comprare un veleno per topi che la permetteva di finire le sue sofferenze causate dalla malattia.

In presenza del marito, la figlia e il genero, l’ha ingerito ed è deceduto.

I familiari sono stati condannati da 2 a 5 anni di prigione. Il giudice ha commentato la sentenza, sostenendo che “Dando una pena mite, la società potrebbe erroneamente considerarlo come un incoraggiamento di atti simili. Invece una pena pesante rafforza lo spirito di prudenza”.

Non è il primo caso in Cina. In 2009 una donna è entrata in coma improvvisamente. Dopo una settimana dal ricovero, il marito incapace di sopportare le sofferenze della moglie, ha staccato il tubo della respirazione artificiale e la donna è morta dopo un’ora. Il marito è stato condannato a 5 anni di prigione per omicidio predeterminato.

Un sondaggio nel 2013, effettuato dall’Università di Shanghai su 3.400 cittadini di 34 città, ha evidenziato che 70% degli intervistati non era contrario all’eutanasia. Il Prof. Yan Sanzhong dell’Università di Jiangxi spiega la situazione cinese come segue.”. Cina non è ancora pronta per legalizzare l’eutanasia. A  causa della mancanza di un sistema globale sociale i cittadini non possono ancora scegliere come e quando morire. Il sistema sanitario è troppo concentrato sulle città sviluppato, che rende difficile per ospedali in aree rurali di essere preparati per prendere decisioni di tale portata”. Aggiunge che esiste il rischio che gli anziani vogliono morire per risparmiare denaro ai figli o al contrario i figli possono essere tentati di uccidere i genitori per scappare dalla responsabilità di curarli.

E’ stata costituita nel Regno Unito la Coalizione Suicidio Assistito (Assisted Dying Coalition – ADC – www.assisteddying.org.uk) La coalizione farà la campagna per il riconoscimento legale del diritto di morire volontariamente di persone che hanno il desiderio chiaro e deciso di terminare la vita quando la loro malattia è terminale o soffrono insopportabilmente. La coalizione è composta di sei associazioni e ne fanno parte anche medici e infermieri.

Nel Regno Unito il dibattito sul fine-vita volontario si è riacceso dopo la sentenza della Corte di Appello, rigettando la richiesta di un malato, Noel Conway, di poter suicidarsi con l’assistenza di un medico. Secondo Conway, la legge prevede la suddetta possibilità quando il decesso è previsto entro sei mesi, il malato ha ancora la capacità di decidere in modo volontario, chiaro, deciso e dopo essere informato adeguatamente.

La Corte ha concluso, che non spettava a lei di determinare la necessità e la proporzionalità di un divieto generale. Ha evidenziato che lo schema proposto da Conway era inadeguato per proteggere le persone deboli e vulnerabili e non prestava peso sufficiente alla santità della vita e al potenziale rischio di minare la fiducia tra medico e paziente. Conway si rivolgerà alla Corte Suprema per ottenere giustizia.

Dal 2015, l’ultima volte che il Parlamento britannico ha discusso una proposta di legge sul suicidio assistito, 233 malati (più di uno ogni settimana) sono andati in Svizzera per terminare la loro vita. Altre magliaie di persone non hanno la possibilità economica o fisica di recarsi in Svizzera. Oltre 1.500 britannici sono socio di una delle organizzazioni svizzere che assistono i malati a morire in modo dignitoso.

Quasi 80% della popolazione è a favore della legislazione del suicidio assistito (Fonte ISO/Economist 2015).

Da un sondaggio tra 1.000 medici, effettuato da medeConnect nel gennaio scorso, risulta che 55% era del parere che le Associazioni dei Medici dovrebbero adottare una posizione di neutralità per quanto riguarda il suicidio assistito di persone adulte, capaci di intendere e volere, in modo che ogni punto di vista è rappresentato.

32% era a favore di un aggiornamento della legge, 33% contrario e 34% era neutrale o non aveva un’opinione.

43% dei medici opterebbe personalmente per il suicidio assistito nel caso di una malattia terminale che causa sofferenze intollerabili, 27% era contrario mentre 29% non aveva un’opinione.

Johannes Agterberg, 8 febbraio 2019

Fonti: The Guardian, Press Association e World Federation Right to Die Societies.

Introduzione

Recentemente il Ministro delle Salute, il Benessere e lo Sport ha confermato nel comunicato stampa del 14 aprile 2023 che entro l’anno sarà pubblicato il decreto che permetterà l’eutanasia e l’assistenza al suicidio (in seguito Assistenza per Morire – APM) di minori tra 1 e 12 anni rispettando rigorosi criteri di accuratezza.

Il testo integrale della comunicazione è il seguente.

14 aprile 2014 – Il governo sta lavorando a un programma di fine-vita per i bambini fino all’età di 12 anni che soffrono in modo insopportabile e disperato

L’attuale regolamento sull’interruzione tardiva della gravidanza (LZA) e il fine-vita di neonati (LP) sarà modificato ed esteso per includere lil fine-vita di bambini di età compresa tra 1 e 12 anni. Si tratta di un piccolo gruppo di bambini con malattie incurabili che soffrono in modo disperato e insopportabile, per i quali le cure disponibili comprese quelle palliative non sono sufficienti ad alleviare le loro sofferenze e si prevede la morte nel prossimo futuro. La cessazione della vita è l’unica alternativa ragionevole per quel gruppo per porre fine alla sofferenza disperata e insopportabile. Ogni anno si tratta di 5 a 10 bambini.

Questo è ciò che scrive il ministro Kuipers per la salute, il benessere e lo sport nella risposta del governo riguardo la valutazione e aggiornamento del regolamento LZA/LP in data 27 giugno 2022 che è stata inviata alla Camera dei rappresentanti. Detta valutazione è stata effettuata da una Commissione incaricata ad hoc che ha pubblicata il rapporto di ricerca effettuata da componenti dell’Ordine di Medici Pediatri e ricercatori dell’Università di Amsterdam, Groningen e Rotterdam con il titolo “Casi di studio fine-vita di bambini tra 1 e 12 anni” che è stato precedentemente inviato alla Camera dei rappresentanti, e fornisce un quadro del gruppo di bambini a cui questo regolamento potrebbe eventualmente applicarsi.

La valutazione mostra che il sistema LZA/LP non funziona ancora bene. I medici si sentono riluttanti a eseguire l’interruzione tardiva della gravidanza o l’interruzione della vita di neonati. Il governo ha quindi deciso di modificare l’attuale regolamento LZA/LP, in linea con le raccomandazioni della Commissione al fine di eliminare il più possibile questa riluttanza e di far funzionare meglio il regime nella pratica. Il regime sarà inoltre esteso per includere il fine-vita nei bambini di età compresa tra 1 e 12 anni (L1-12).

Ministro Kuipers: “Questo è un argomento molto complesso che affronta situazioni molto angoscianti. Situazioni che non auguro a nessuno. Sono lieto che, dopo un’intensa consultazione con tutte le parti coinvolte, siamo giunti a una soluzione con la quale possiamo aiutare questi bambini malati incurabili, i loro genitori e anche i loro terapisti”.

La procedura

I medici devono segnalare i casi di LZA o LP alla Commissione Centrale di Esperti LZA/LP. Sulla base dei criteri di accuratezza stabiliti dal regolamento LZA/LP, valuta se il medico ha rispettato detti criteri e trasmette il suo parere al pubblico ministero. Il pubblico ministero attribuisce peso al parere della Commissione nel decidere se avviare o meno un’indagine ed eventualmente esercitare l’azione penale. Al fine di eliminare la riluttanza vissuta dai medici a eseguire l’applicazione dell’APM in questi casi e quindi segnalare un caso di LZA o LP e possibilmente anche un L1-12, il governo vuole cambiare la procedura: ci sarà una Commissione unica di controllo sia per LZA / LP che per L1-12 (bambini di età da 1 a 12 anni). L’esperienza dei membri della commissione deve adattarsi bene sia ai problemi di LZA che ai problemi di LP e L1-12, nonché al ruolo della Commissione in relazione alla valutazione penale da parte del pubblico ministero. La Commissione invia il suo parere di ogni caso, senza il fascicolo medico sottostante, al pubblico ministero. In linea di principio, quindi, il pubblico ministero basa la sua decisione unicamente sul parere della Commissione.

L1-12

Il regolamento riveduto non stabilisce distinti criteri di accuratezza per il fine-vita di bambini di età compresa tra 1 e 12 anni. Alla professione medica viene chiesto di formulare detti requisiti sulla base di studi di casi particolari e di ulteriori sviluppi della medicina. Ciò significa che un medico deve giungere alla conclusione, sulla base della comprensione medica prevalente, che l’interruzione della vita è l’unica alternativa ragionevole per rimuovere la sofferenza senza speranza e insopportabile.

Informazione

Inoltre, è molto importante un programma ben funzionante riguardo informazioni per i genitori, i medici e al bambino e che si presti attenzione alla formazione e al sostegno dei medici se vogliono porre fine alla loro vita nel caso estremo. Il governo assicura che vengano fornite informazioni adeguate insieme ai gruppi professionali e al Centro di conoscenza per le cure palliative dei bambini. Un impulso sarà dato anche al Centro di supporto dei medici per i bambini di fine vita, che è ospitato presso il Centro di conoscenza per le cure palliative dei bambini. I medici possono andare qui per consigli e supporto (anche in anticipo).

Il governo si aspetta che tutti i cambiamenti e le restrizioni faranno funzionare meglio la procedura nella pratica. La revisione del regime è ora in fase di ulteriore sviluppo. Si prevede che il programma possa essere pubblicato quest’anno. Una valutazione del nuovo regime avrà luogo entro pochi anni dalla sua entrata in vigore.

I Paesi Bassi saranno il terzo paese dopo Belgio e Colombia dove è stata legalizzata l’APM per minori nel 2018 (Resolucion n. 825 del Ministero della Salud del 3 marzo 2018, in seguito alla sentenza della Corte costituzionale colombiana n. T544 del 26 agosto 2017)

La situazione dell’APM in Europa

Dopo la comunicazione del Ministro articoli sono apparsi sui tanti giornali italiani purtroppo con un certo pressapochismo, salvo qualche eccezione.

È necessario chiarire la situazione dei paesi europei dove è legalizzata l’APM che è la seguente:

  • In Olanda, Lussemburgo e Spagna sono consentite l’eutanasia e l’assistenza al suicidio:
  • In Belgio solo l’eutanasia:
  • In Svizzera, Germania, Austria e Italia solo l’assistenza al suicidio,

In Francia sarà presentata una proposta di legge entro la fine del 2023. In Portogallo è stata approvata per tre volte con larga maggioranza la legge che disciplina l’APM ma il Presidente della Repubblica rifiuta di firmarla. Nell’Inghilterra la Camera Alta (House of Lords) ha iniziato la discussione preliminare.

Ormai più della metà della popolazione dell’Unione Europea vive in un paese dove è possibile l’accesso all’APM.

Le affermazione dei giornali – un analisi

Un osservazione generale. Sul Eco di Bergamo nell’articolo del 15 aprile 2023 Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Academia per la vita (Paglia?? ) afferma “E’ una follia. È una legge così progressista che ci porta indietro di oltre duemila anni, ai tempi di Sparta dove i bambini sani venivano uccisi”. Non voglio entrare nel merito di quanto detto ma ritengo che un prelato di altissimo livello come Paglia dovrebbe informarsi bene prima di fare commenti, anche se esiste il sospetto che la conosce benissimo. Ormai il vertice della Chiesa cattolica ha capito che la legislazione dell’APM nell’EU, e non solo, è un processo inarrestabile. Anziché limitarsi per la difesa della vita all’ideologia cattolica, che va rispettata da tutti, usano argomenti che non trovano nessun riferimento nella realtà. Anzi avranno l’effetto di un boomerang. Poi gli olandesi non faranno altro che alzare le spalle.

Ma entriamo nei dettagli:

  • L’Eco di Bergamo: Nell’articolo del 15 marzo a pagina 4, terza colonna, Già qualche anno fa la legge sul suicidio assistito era stata estesa anche a quelle persone che ritenevano di aver vissuto abbastanza, anche se sane, facendo saltare perfino la questione della insopportabilità del dolore e garantendo in pratica la libertà della scelta di suicidarsi. FALSO: Non esiste nessuna legge che consento l’APM a suddetta categoria di persone.

Il giornalista continua (con l’APM per minori) “si sbaraglia tutta la dottrina scientifica ed etica delle cure palliative e dell’attenzione ai vulnerabili”. FALSO. Non ha letto bene la comunicazione del Ministro che ha scritto che si tratta di bambini gravemente malati dove le cure disponibili incluse le cure palliative non sono efficaci per lenire il dolore.

  • Sempre l’Eco di Bergamo, articolo del 17 marzo 2023 – pagina 1 e 5, che ha intervistato Paglia. Afferma “Qui il punto. La medicina deve prendere cura sempre anche quando non è possibile guarire”. Con tutto il rispetto per il punto di visto cattolico/conservatore questa affermazione è TENDENZIOSA. Sarebbe opportuno che Paglia si recasse in Olanda per informarsi bene, come ho fatto io, e parlare con i genitori, specialisti palliativi, psicologi ed altri coinvolti nelle cure di bimbi malati con sofferenze insopportabili, per rendersi conto dell’empatia e la compassione intorno al bambino e conseguentemente della reale situazione. Al suo ritorno può tranquillizzare Papa Francesco riguardo l’assenza di cure adeguate agli scarti e malati abbandonati, come lui spesso sostiene. In Olanda sono tutti curati con empatia e compassione, nessuno escluso. Spero che il clero smetta di diffondere opinioni o notizie senza il necessario approfondimento. L’intervista finisce con “La legge olandese affonda in una padronale della vita, smaschera la pietas con l’onnipotenza e risponde alla logica di scartare i più fragili”. FALSO Come già scritto precedentemente nulla è vero di quanto affermato da Paglia. Confondo “la concezione padronale della vita” con l’autodeterminazione e la libertà di scegliere del malato. In Olanda non è un prete cattolico, né un pastore protestante né un medico che decide se il paziente soffre insopportabilmente. di proseguire con le cure anche rischiando l’accanimento, ma il paziente che lo stabilisce, anche se si tratta di un bambino purché sia in grado di valutare la sua situazione clinica.
  • Dagospia – 15 aprile 2023 -. Informazione errata. In Belgio è vietata l’assistenza al suicidio.
  • Il Giornale– 15 aprile 2023 -Informazione incompleta, anche in Austria è legalizzata l’assistenza al suicidio mentre in Belgio è vietata l’assistenza al suicidio. In Svezia l’APM è vietata, in questo caso il giornalista si è confuso con la possibilità di interrompere e rifiutare le cure mediche.

L’informazione sulla Francia è CONFUSA. Nel 2005 è stata approvata la legge Lionetti che prevede il rifiuto di cure mediche che il paziente considera come accanimento terapeutico. Sono introdotte le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) però non vincolanti per il medico. Nel 2016 è stata approvata la legge Claeys-Lionetti che rende vincolante per il medico le DAT, introduce la sedazione profonda permanente e riconferma il diritto di rifiutare le cure mediche anche se ciò comportasse la morte del malato compreso il rifiuto di mangiare e bere, fino a quell’anno considerato come trattamento medico.

  • La Verità – 15 aprile 2023-. Pagina 18 “In Olanda eutanasia……”. Alla fine dell’articolo il giornalista scrive” Esattamente come c’è il timore che una simile novità possa aprire tragici spiragli con il dilagare della “morte dolce”. Qui siamo alla solita teoria del rischio del piano inclinato che non trova nessun riscontro nella realtà, infatti non esiste. Come non esiste la certezza al 100% che nessun abuso si possa verificare ma non deve essere una ragione per non legiferare. Analizzando i casi di APM per malati psichiatrici di minori e giovani non c’è nessun timore che tragici spiragli di dilagamento si possono verificare vista la scrupolosità e la prudenza dei medici psichiatri. In nessun caso si trattava di una semplice depressione ma casi complessi curati adeguatamente per anni senza risultato e in presenza di più di un tentativo di suicidio. Il giornalista prosegue con “Come nel 2019, sempre in Olanda per Noa Pothoven, lasciatesi morire a soli 17 anni in una clinica per problemi, appunto, di depressione”. Qui siamo al tragico-comico. Il giornalista ha copiato una notizia apparsa nel giornale inglese Guardian, notizia inesatta a causa di un errore di traduzione dall’olandese. Noa era in cura da anni per molteplici problemi psichiatrici come descritto lucidamente nel suo libro e spiegato in un’intervista televisiva. Non poteva più affrontare altri trattamenti o ricoveri e ha deciso di morire volontariamente smettendo di mangiare e bere in un modo meno traumatico e più dignitoso del salto dal decimo piano di un edificio. È stata assistita da un equipe di medici che l’hanno curata anche con cure palliative. Osservo che secondo il Codice civile olandese, libro 7, articolo 448, i minori di 16 e 17 anni possono decidere autonomamente, anche senza il consenso dei genitori, sulla loro condizione di salute e quindi di rifiutare o meno un trattamento medico, come fatto da Noa.
  • Libero. Articolo del 15 aprile 2014. Informazione incompleta. L’eutanasia e l’assistenza è legalizzata anche in Spagna, la sola assistenza al suicidio anche in Germania, in Austria e in Italia.
  • Radiowow.com – 16 aprile 2023, La Stampa -15 aprile 2023. Informazione incorretta. L’eutanasia in Olanda è legalmente possibile dal 1987 dopo la sentenza della Corte Suprema, rispettando rigidi criteri di accuratezza poi ripresi nella legge del 2002. I medici dovevano allora inviare le segnalazioni al Pubblico Ministero, criterio all’inizio non sempre seguito visto l’insicurezza giuridica in assenza di una legge.
  • Il Tempo – 15 aprile 2023 -. Informazione incompleta. L’eutanasia di minori è consentita anche in Colombia dal 2018.

Spero di aver dato un contributo riguardo una corretta informazione su un tema così delicato.

Johannes Agterberg                                                          6 maggio 2023